È possibile un partito conservatore in Italia?

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Silvio Berlusconi: "Sogno dal 1994 un grande partito conservatore in Italia"

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, sono certo che anche voi avete letto da più parti le parole di Silvio Berlusconi quando ha detto di “sognare da sempre un grande partito conservatore, qualcosa di simile ai Repubblicani americani” che riunisca le forze del centro-destra in una specie di sintesi. Altre figure politiche si sono accodate a sostenere questa ambizione ma senza grandi risonanze. A ben vedere un partito conservatore in Europa c’è già e il premier Giorgia Meloni ne è il presidente. A bruciapelo direi che in Italia non se ne sente un gran bisogno ed inoltre la parola “conservatore” è critica e non gode di buona fama.

Non c’è una dottrina politica propriamente conservatrice in Italia. Altro motivo per il quale è difficile pensare ad un partito con queste caratteristiche, per lo meno nel medio termine, è che avere tre soggetti distinti permette di allargare lo spettro dell’elettorato. C’è anche un problema di percezione anche di carattere morfologico, nel nostro Paese. Il termine “conservatore” viene associato, nell’immaginario collettivo, a qualcosa di oscurantista, di bigotto e retrogrado. Ma è davvero così? Ho cercato di approfondire l’argomento ma, confesso, non è stato facile e le ricerche non mi hanno dato grande soddisfazione.

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Ivanoe Pellerin

Dopo qualche giraingiro fra letture interessate all’argomento, mi sono ricordato un bel libro del 2002, “Memorie di un Conservatore”, scritto da un colto che ha un pedigree di grande rilievo. Infatti Sergio Romano ambasciatore, scrittore, docente a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard ed in altri atenei, è un testimone d’eccezione delle vicende storiche a cavallo del XX° e del XXI° secolo e questo libro ne propone un resoconto godibile. Attraverso la via della memoria dell’autore si trovano gli uomini che hanno fatto la storia del tempo recente, da Mussolini a De Gasperi, da De Gaulle a Gorbaéëv, fino ai nostri giorni. Incontri, retroscena e giudizi vengono raccontati ed espressi con un pacato ed elegante equilibrio legato all’esperienza e non privo di uno humour innato. Dunque, accanto alle mie, prendo a prestito alcune delle riflessioni che, su questo tema, appartengono a Romano.

“Conservatore” è una parola carica di connotazioni negative, spesso usata nel linguaggio politico come rimprovero o insulto. In Gran Bretagna, dove è il nome di uno dei maggiori partiti politici, definisce personalità e tendenze diverse. Benjamin Disraeli denunciò l’esistenza di due Inghilterre una ricca, l’altra povera. Winston Churchill rappresentò la corrente nazionale e imperiale del partito. Harold MacMillan, Primo ministro dopo il fallimento della spedizione di Suez nel 1956, appartenne negli anni Trenta alla sua ala sinistra, attenta alla condizione dei gruppi sociali più poveri. Margaret Thatcher difese l’autorità del governo contro i sindacati e combatté nelle Falkland l’ultima guerra imperiale dello Stato britannico, ma restituì al mercato buona parte dello spazio che lo Stato laburista gli aveva sottratto dopo la Seconda guerra mondiale.

Ricordo che molti conservatori sono l’ala destra della famiglia liberale: per esempio Valery Giscard d’Estaing in Francia, di Margaret Thatcher in Gran Bretagna, di Ronald Reagan negli Stati Uniti e, naturalmente, di Luigi Einaudi in Italia. Essi provengono da orizzonti culturali alquanto diversi: nazionalismo, solidarismo sociale e le numerose «terze vie» che cercarono, durante il Novecento, una soluzione intermedia tra comunismo e capitalismo. È il caso del generale de Gaulle in Francia, di Konrad Adenauer e Ludwig Erhardt in Germania, di don Sturzo, De Gasperi, Scelba, Vanoni e Pella in Italia. La linea di demarcazione fra i diversi conservatori è la maggiore o minore importanza che ciascuno di essi attribuisce ad alcune libertà: di pensare, scrivere, professare convinzioni religiose, dissentire pubblicamente dalla «filosofia dello Stato», mettere in discussione i suoi ordini, intraprendere, disporre liberamente dei propri beni, del proprio denaro, del proprio corpo.

L’autore ricorda che, a differenza dei liberals, il conservatore è generalmente prudente e scettico. Riconosce il valore universale dei principi di libertà ma non crede che tutti gli uomini possano farne buon uso. Crede che tutti gli uomini “sono stati creati uguali”, secondo l’affermazione iniziale della Dichiarazione americana d’indipendenza, ma sa che essi si disporranno lungo la strada secondo un’inevitabile gerarchia. Sa di non potersi opporre al suffragio universale ma non crede che i voti siano qualitativamente uguali e diffida della democrazia perché essa contiene in sé il germe della “tirannia democratica”, in cui una nomenklatura esercita il potere in nome di una massa unanime e plaudente. Soprattutto sa che la distanza tra una democrazia e uno Stato totalitario è paradossalmente più corta di quella che separa una società elitaria da un sistema dittatoriale.

Mentre il liberal ha una cultura illuministica, fondata su una sorta di razionalismo messianico, il conservatore liberale ha una mentalità storica, fondata sulla convinzione che la realtà riserva più sorprese di quante l’intelligenza umana non riesca ad immaginare. Mentre il liberale di sinistra ama credere nella bontà degli uomini, il conservatore liberale sa che la vita è un sentiero stretto fra gli irrefrenabili interessi dei singoli e la brutalità delle masse. Il conservatore liberale crede nell’importanza della famiglia tradizionale ma se il numero delle unioni omosessuali diventa rilevante, è favorevole alla loro legalizzazione. Il conservatore sa che la coesione sociale è facilitata dalla comunanza delle tradizioni culturali e religiose ma, se lo sviluppo economico richiede mano d’opera straniera, è disponibile all’immigrazione controllata.

Cari amici vicini e lontani, ho letto su Malpensa24 e su alcuni giornali che nel 2002 il grande poeta Giovanni Raboni, ricordando un pensiero che costruisce la propria identità su un’idea di cultura profondamente radicata nella lingua e nella sapienza ereditata dai padri, che dà a Dio la cura delle anime e al potere politico quello dei corpi, riteneva il sommo Dante sicuramente un “conservatore”.

Dunque, è così che possiamo pensare ad un partito “conservatore” in Italia?

pellerin partito conservatori – MALPENSA24