Europee e territorio, tutti in corsa tranne il Pd

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Elezioni europee, con la presentazione delle liste siamo al dunque. La campagna elettorale entra nel vivo, benché sia cominciata da tempo con tutto il suo potenziale di fuoco tra i partiti e, nemmeno tanto sottotraccia, tra i candidati di una stessa lista il cui nome gira da settimane, se non da mesi. È la conseguenza del sistema proporzionale, che esclude aggregazioni, e delle preferenze, che obbligano gli elettori a scrivere il nome del prescelto o della prescelta sulla scheda. Insomma, in Europa le elezioni sono, quanto meno sulla carta, una cosa seria, più seria di quanto non accada nel nostro Paese con il Rosatellum e le sue complicate regole, le quali, come si sa, escludono la possibilità di indicare le preferenze a tutto favore delle scelte precostituite delle segreterie.

Per restare al tema delle Europee balza subito all’occhio come le principali liste, quelle cioè che hanno oggettive possibilità di eleggere loro rappresentanti a Bruxelles, includano almeno un candidato del territorio varesino o della zona di riferimento. Tutte tranne una, quella del Partito democratico. Quale sia il motivo per cui la squadra di Elly Schlein abbia deciso di lasciar fuori un’area prioritaria come la nostra, non si sa. O forse si saprà quando qualcuno dei maggiorenti dem vorrà spiegarlo. Una situazione a suo modo imbarazzante, tanto che Daniele Marantelli, piddino di lungo corso e nome conosciutissimo a sinistra e non solo, ha avuto modo di sottolinearlo nel suo recente intervento su Malpensa24. Scrive Marantelli: “Purtroppo quando milioni di persone, per esempio nell’area pedemontana, sono prive di rappresentanze territoriali nelle liste, non si favorisce la partecipazione. I calcoli personali, comprensibili, devono venire sempre dopo il senso di appartenenza ad una comunità. A questo servono i partiti”. A noi verrebbe da ricordare la propensione del Pd a farsi male da solo, ma lasciamo perdere per non alimentare il disagio che attraversa il partito nelle sue componenti locali.

Per il resto, le singole compagini rispettano più o meno le anticipazioni della vigilia. A prima vista non ci sono sorprese dell’ultimo momento: i contendenti più autorevoli, quanto meno perché accreditati di un possibile e pur sempre difficile successo alle urne l’8 e 9 giugno, sono risaputi. Se diamo per acquisito il “Fratello” Mario Mantovani alla provincia di Varese, autentica macchina da guerra in ordine alla raccolta del consenso, rimangono in corsa, con chance di successo, la leghista Isabella Tovaglieri e il suo concittadino bustocco Marco Reguzzoni, però con la casacca di Forza Italia. Un bel duello all’interno della bagarre complessiva delle liste di Lega e berlusconiani.

E gli altri? Mah, a meno di colpi di scena dovrebbero correre per onorare le rispettive bandiere: la circoscrizione elettorale è così vasta che rischiano di perdersi tra le montagne del Piemonte e della Valle d’Aosta e sulle coste della Liguria, finendo per desistere in funzione dello sbarramento del 4 per cento. Poi, a onor del vero, una messe di voti per Giorgia Meloni potrebbe spingere in Europa Marco Colombo, sindaco di Daverio o, ancora, il ritorno dei renziani, inseriti nella macedonia di sigle di Stati Uniti d’Europa, potrebbe far emergere il saronnese Gianfranco Librandi, uno che non molla mai. A proposito di Matteo Renzi, compare all’ultimo posto della lista. Così come Roberto Vannacci, “detto il Generale”, veleggia sul fondo della compagine leghista. Ma non significa molto: i due sono personaggi che non temono di certo l’ultima posizione. Sanno benissimo che, da ultimi, potrebbero finire primi.

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