Inchiesta a Gallarate, Cassani passa da testimone a indagato

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GALLARATE – Nell’ordinanza che ha portato all’arresto di Nino Caianiello, il Mullah, il plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese, il sindaco di Gallarate veniva indicato come testimone. Oggi è indagato per turbativa d’asta. All’epoca, i pubblici ministeri avevano tenuto a sottolineare che con l’affare della variante al Pgt, che inguaia l’imprenditore Pier Tonetti e il big imprenditore Paolo Orrigoni ovvero mister Tigros, Cassani non c’entrava nulla. Oggi è indagato, per altre ragioni. Ma il Pgt è comunque al centro degli interessi dei medesimi magistrati.

Non poteva non sapere

Poi gli indagati hanno iniziato a parlare e le cose sono andate diversamente. In principio fu Alberto Bilardo, ex braccio destro di Caianiello che disse che «Cassani non poteva non sapere», riferendosi proprio al Piano di governo del territorio. Poi fu Alessandro Petrone, ex assessore gallaratese, che risentito per la terza volta parlò di incarichi pilotati di professionisti al fine di ottenere un parere compiacente a supporto della «revoca da parte del Comune dell’azione di responsabilità promossa dal consiglio comunale della precedente giunta guidata dall’ex sindaco Edoardo Guenzani nei confronti tra gli altri dello stesso Caianiello e di Renzo Bellora».  Bilardo ha raccontato ancora che «per la nomina di un legale presso il Comune di Gallarate», in sostituzione di un altro avvocato, «c’era da fare i conti con la Lega» e «venne fatta una riunione verso la fine del 2016». Non si parla di mazzette o tangenti a carico del sindaco Cassani, si parla di incarichi. L’accusa riguarda infatti una presunta nomina pilotata di 2 avvocati per un parere legale su un’azione di responsabilità intentata dall’ex giunta di centrosinistra contro gli ex amministratori di una municipalizzata, tra cui Caianiello. Una vicenda su cui Cassani ha già relazionato lo scorso giovedì in consiglio comunale, dando dei «calunniatori» a chi ora lo sta tirando in ballo davanti ai pm.

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