Gallarate, l’annus horribilis di Andrea che non volle le urne

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Riconosciamo ad Andrea Cassani, primo cittadino di Gallarate, la virtù della tenacia, da non confondere con la testardaggine, termine che ha anche accezioni negative. La tenacia di andare avanti nonostante tutto. Se abbia o no avuto ragione lui a tener duro nell’annus horribilis che sta per concludersi lo dirà il tempo. Di sicuro, alla luce dello tsunami giudiziario che ha colpito la sua giunta (un assessore arrestato) e squassato Forza Italia, il partito suo maggiore alleato, ci sarebbero stati tutti i presupposti per far fagotto e tornare alle urne. Cassani, e con Cassani la Lega, hanno preferito affrontare una situazione oggettivamente difficile, a tratti politicamente insostenibile e procedere a dispetto dei santi. E della magistratura. Una scelta che il centrodestra gallaratese nel suo insieme ha ritenuto giusta, tanto che ha bocciato la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni all’indomani della notizia che lo stesso sindaco è chiamato a rispondere di un peccato veniale di ritorno a confronto di ben più gravi quanto supposti reati all’interno della cosiddetta Mensa dei poveri.

In tutta sincerità, la decisione di tenere a galla una barca comunque piena di falle, con una maggioranza oramai ridotta al lumicino, genera più di un commento contrastante. Forse occorreva esorcizzare fin da subito il marchio negativo che l’inchiesta dei pm milanesi ha cucito addosso, piaccia oppure no, all’esecutivo di Palazzo Borghi. Fatti i debiti distinguo (i reati sono sempre personali) la macchia politica sporca tutti, seppure virtualmente quanto indirettamente. E le responsabilità politiche non si nascondono sotto il tappeto: il centrodestra ha avallato un piano di gestione del territorio in sospetta e clamorosa illegalità, tanto che è stato annullato. Una macchia da lavare soltanto con le elezioni anticipate, che avrebbero ridato lindore alla macchina amministrativa gallaratese. Con una certezza: Andrea Cassani e la sua Lega sarebbero risultati ancora vincenti. E a quel punto ancora più credibili di quanto lo siano già oggi.

Valutazioni che si scontrano con le convinzioni di chi sta al timone e ritiene doveroso evitare il commissariamento del Comune. O con la necessità di procrastinare il più in là possibile il voto, come per Forza Italia, consapevole di dover pagare pegno per le vere o presunte scelleratezze amministrative e gestionali dei suoi rappresentanti più in vista fino al 7 maggio, giorno in cui si sono aperte per loro le porte del carcere.

Evitando di dimettersi, Andrea Cassani ha salvato anche i berlusconiani. Che oggi, ci dicono, sarebbero disposti a tornare in giunta, come se niente fosse accaduto. Ah, potenza delle poltrone! Ci piace pensare che siano indiscrezioni farlocche e che Cassani, come ha fatto intendere nella conferenza stampa di fine anno, non voglia cedere a insistenze che, perlomeno in questo ultimo scorcio del mandato amministrativo, suonano come una beffa. Fermi tutti, e avanti così. A Gallarate non servono né altri rimpasti, né pentimenti funzionali a tornare nella stanza dei bottoni. Serve invece tanta umiltà. E impegno. Andrea Cassani non difetta certamente della voglia di fare. Il giorno che avrà imparato come gestire la tenacia, riuscirà anche a far dimenticare e a dimenticare l’annus horribilis che sta andando in archivio. E che, raccontatela come vi pare, per il momento rimane una ferita aperta, anzi, sanguinante dell’intera città.

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