“Vorrei scolpire l’universo”, l’arte di Tavernari rivive al Maga di Gallarate

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GALLARATE –Vorrei scolpire l’universo“. Si intitola così la mostra che dal 28 aprile al primo settembre prenderà posto nelle sale del Maga di Gallarate: verrà presentata l’importante acquisizione dell’archivio, della biblioteca e di alcune opere di uno dei più grandi scultori italiani del secondo dopoguerra: Vittorio Tavernari (1919-1987). Una possibilità concretizzata grazie al finanziamento della Direzione generale creatività contemporanea del ministero della Cultura attraverso il bando Pac (Piano per l’arte contemporanea 2023) vinto dal museo gallaratese.

La mostra

La mostra, curata da Emma Zanella e Alessandro Castiglioni, è parte del programma espositivo di Italia 2050, Centro di ricerca per l’arte italiana 1950-2050, fondato dal Maga nel 2023. La volontà di valorizzare il patrimonio di uno dei più significativi scultori italiani del 20esimo secolo ha portato al progetto di acquisizione di un corpus preziosissimo, dall’aprile 2024 conservato nei depositi del Maga. E costituito da lettere autografe, da scatti e lastre fotografiche, dal catalogo delle opere e dalla bibliografia completa dell’artista, dalla biblioteca personale, oltre a un prezioso fondo di lavori che Tavernari ha sempre tenuto per sé. Tra le lettere e nelle pubblicazioni compaiono alcune tra le voci più prestigiose della critica italiana, tra cui Francesco Arcangeli, Carlo Ludovico Ragghianti, Marco Valsecchi e Mario De Micheli.

Tavernari e Gallarate

Il titolo della mostra ricalca quello di un articolo scritto dallo stesso Tavernari sulla rivista “Epoca” nel 1951. E propone opere e documenti parte dell’Archivio che approfondiscono alcune iniziative nazionali e internazionali cui l’artista partecipa da assoluto protagonista, portando il suo linguaggio in dialogo con le dinamiche e le trasformazioni culturali della propria epoca. Il percorso espositivo si apre con il richiamo a due significativi episodi per la città di Gallarate: la partecipazione di Tavernari alla seconda edizione del premio nazionale Arti Visive città di Gallarate nel 1951 e la realizzazione della fontana di piazza Libertà, scolpita dall’artista in taglio diretto nel 1955.

Tavernari nel mondo

Una sezione analizza la sua esperienza, avvenuta tra il 1962 e il 1963, al Moma di New York, dove espose il Torso del 1961, una grande scultura acquisita per le collezioni permanenti del museo newyorkese, accanto a opere di Frank Stella, Daniel Spoerri, Laszlo Moholy-Nagy, Joan Miró. L’anno successivo, nel 1963, Tavernari viene invitato da Luigi Carluccio alla 32esima Biennale internazionale d’arte di Venezia con una sala personale composta da 11 sculture. Un decennio dopo, nel 1972, l’artista partecipa alla decima Quadriennale di Roma e alla mostra itinerante Contemporary Italian Sculpture, ospitata da istituzioni quali l’Hanoke Open Air museum in Giappone, il Museo di Arte Moderna di Città del Messico, l’Alten Museum di Berlino e la Pinacoteca Nazionale di Atene. Nel 1973, Tavernari è al Musée Rodin di Parigi con una grande personale, a cura di Monique Laurent, che consacra definitivamente lo scultore sulla scena artistica europea. La rassegna si componeva di 131 opere tra sculture, acquerelli e disegni, in grado di ripercorrere l’evoluzione della sua indagine dai primi anni cinquanta alla fine degli anni sessanta.

Il passaggio dall’informe alla forma

Nel suo testo critico pubblicato in catalogo, Raymond Cogniat sottolinea più volte quanto Tavernari abbia continuamente indagato il passaggio dall’informe alla forma e viceversa, in un’incessante ricerca del primario. Dalle prime opere più figurative Tavernari trascorre verso la realizzazione di vere e proprie forme preistoriche, colonne e pilastri, caverne e anfratti ancestrali, capaci di mettere a nudo, attraverso l’espressionismo insito nella materia, legno, pietra, bronzo, gesso, plasmata dall’artista.

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