Giorgia che trasforma sé stessa

Di Massimo Lodi

A destra c’è inquietudine. Ma anche a sinistra. Perché gira una chiacchiera assai più d’una chiacchiera: Giorgia Meloni persegue il disegno concreto di defratellizzare Fratelli d’Italia, di deradicalizzare l’alleanza di governo, di deperiferizzare i conservatori d’Europa. 

Partiamo dal primo punto. Cioè l’idea, ormai risaputa, di GM di spostare a Strasburgo la destra verso il centro, d’instaurare un feeling tra l’Ecr e il Ppe, di rompere lo storico asse di quest’ultimo col Pse. Infine di arruolare all’impresa i liberali, così da costituire dopo le elezioni del 2024 una nuova maggioranza. Di segno moderato-riformista, con forte sottolineatura del moderato.

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Massimo Lodi

Andiamo al secondo punto. Il processo sottaciuto, e assai più ambizioso, di GM è non d’unirsi sic et simpliciterai Popolari, ma d’integrarsi con loro. Di diventarne prima partner e poi anima accolta/condivisa. Una sorta, per rifarci all’antico, di strategia inclusiva di tipo democristianizzante: il patchwork dei diversi. L’unico modo, sarebbe il ragionamento, per fare accettare in Italia e fuori d’Italia un’egemonia di lungo periodo della destra camuffata da centro. Camuffata, poi, è termine sbagliato: all’infingimento iniziale subentrerebbe la conseguente persuasione.

Siamo al terzo punto. La prospettiva di GM è costruirsi un partito di sé medesima. Più in dettaglio: un interpartito, portandosi a casa gli ospiti di case altrui. Il consenso personale, largamente superiore a quello della coalizione a sostegno di Chigi, le stuzzica l’avventura. Non così smodata come potrebbe sembrare d’acchito: essendo chiaro che l’Italia vuole stabilità, che la stabilità si realizza al centro, che il centro appare contendibile oggi come mai in passato, l’occasione va colta al volo.

Ed eccoci al quarto punto. Le circostanze della politica nazionale e internazionale evidenziano il logoramento della sinistra, in ogni sua accezione: prudente ed estrema. Dunque se attacco va mosso alla doppia roccaforte, dentro e fuori i confini tricolori, la contingenza appare giusta. Ovvio che bisogna portarlo sotto traccia, senza dar segnali d’un tale movimento, innescando pour parler  destinati solo in una fase ulteriore a diventar tessuto a larga trama. Insomma, poter dire un giorno, a rivali basìti: non ci hanno visto arrivare. Con sprint/traguardo alternativo all’impresa (impresina?) della Schlein.

Chiudiamo col quinto punto. Rivelatrici del disegno di GM sono, in nuce, le nomine Rai, snocciolate di giorno in giorno. Sia a livello di dirigenti sia di programmi sia di volti sia di quello che vi pare, il filo che -tra novità e conferme- sembra unire tanti anelli è un nazionalpopolarismo di vecchio conio. Non di rivoluzionaria sovversione. Qualche polemica qui e là, dovuta a uscite infelici di allocchi di cui è pieno ogni universo particolare, non inficia le basi gettate per costruire un ponte col passato e lanciarne di simile verso il futuro. I sodali di GM se ne faranno una ragione: non c’è voglia d’escludere Salvini e Berlusconi dal progetto, soltanto d’associarli. Dipende da loro valutare se la fusione, o roba del genere, è meglio dell’emarginazione, o roba da buttare.