Giovani aggressivi e maleducati. Tra moniti disattesi e assenze pubbliche

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Eccessi per la fine dell'anno anche a Busto Arsizio

Nel tradizionale messaggio al Te Deum di fine anno, monsignor Severino Pagani, prevosto di Busto Arsizio, si è soffermato sul dilagare di episodi di malcostume e di inciviltà che vedono protagonisti soprattutto i giovani. Situazioni estreme che la fine dell’anno ha esasperato con tutto quel che ne è conseguito per l’esplosione di botti e armi da fuoco, che hanno provocato centinaia di feriti e alcuni morti in tutta Italia. A Busto Arsizio, alla vigilia di Natale, sono stati scagliati petardi e quant’altro contro l’abside della basilica di San Giovanni mentre era in corso una funzione religiosa. Molto spavento tra i celebranti e i fedeli, alcune vetrate andate in frantumi. Partendo da qui, lanciando un monito, il prevosto ha tra l’altro detto: “Non si può lasciare sempre correre, ma è necessaria una forza educativa e un esercizio dell’autorità che ritrovi un grande consenso su valori fondamentali della buona educazione nella concretezza di una quotidiana convivenza”.

“Non si può lasciare sempre correre”. Nemmeno sarebbero risolutivi soltanto interventi di repressione da parte delle forze dell’ordine, peraltro a corto di organici e, nelle città di provincia, impegnate in via prioritaria in mille altre incombenze a discapito del controllo del territorio. Annosa questione che non ha ancora trovato soluzione e, forse, nemmeno la troverà a breve, perlomeno a Busto Arsizio e dintorni.

Monsignor Pagani invoca “una forza educativa e un esercizio dell’autorità”. Indirettamente, ci pare di capire, chiama in causa l’amministrazione civica, quella bustocca ma, per estensione, tutti gli esecutivi municipali che dovrebbero occuparsi del cosiddetto disagio giovanile. E’ anche lì che bisognerebbe intervenire con iniziative mirate, tanto più se ci sono assessori delegati proprio ad occuparsi dei problemi delle giovani generazioni. Invece, che cosa si fa? Poco o nulla. A Busto, qualche anno fa, fu convocato un tavolo di confronto, responsabilizzando però esponenti di partito, dimenticando che ad occuparsi di certe problematiche sono le associazioni, gli oratori, i gruppi che hanno nei loro statuti l’interesse per i giovani.  Figurarsi i partiti. Infatti, di quel tavolo non si è più avuto notizia.

Così, l’educazione dei ragazzi e delle ragazze è demandata in via subordinata alle iniziative sportive e culturali, che hanno però altri obiettivi che non “la forza educativa”, come la definisce giustamente il prevosto. Il Comune, i Comuni, hanno precise responsabilità anche rispetto ai giovani e ai loro eccessi. Se così non fosse non avrebbero istituito apposite deleghe funzionali alle “politiche giovanili”, che, nella maggioranza dei casi, sono rimaste scatole vuote.

Detto questo è evidente che il discorso ci porta più lontano, alla scuola e alla famiglia. Sono i luoghi dove si formano le personalità e i caratteri. Dove s’insegnano o, meglio, si dovrebbero insegnare “i valori fondamentali della buona educazione nella concretezza di una quotidiana convivenza”. Le amministrazioni civiche hanno comunque un compito di supporto all’azione dei due principali presidi educativi, appunto la scuola e la famiglia. Dai quali dovrebbero scaturire gli input decisivi affinché la società non degeneri. A cosa stiamo assistendo invece? A una deriva sociale di aggressività, maleducazione, irresponsabilità, volgarità e chi più ne ha più ne metta. Con buona pace della politica che dovrebbe agire in una precisa direzione e, invece, anche con pessimi esempi e col lavarsene le mani, viaggia in direzione contraria. Salvo poi pontificare e, nel caso, profondere il proprio rammarico e lo sdegno nell’eventualità di episodi criminosi. O, più comodamente, rifugiandosi nel silenzio.

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