I motivi della guerra in Ucraina, Mezzetti: “Le responsabilità dell’Occidente”

lodi raffo mezzetti
Fernando Mezzetti

Perché la guerra in Ucraina? Domanda soltanto all’apparenza scontata o, peggio, banale. Già, perché la guerra? Giriamo il quesito a Fernando Mezzetti, giornalista e saggista, che è stato corrispondente a Pechino e a Mosca per il Giornale, alla cui fondazione da parte di Indro Montanelli ha partecipato fin dall’inizio. È stato anche corrispondente e inviato speciale da Tokyo e dall’Estremo Oriente per La Stampa. Grazie a questi incarichi è stato testimone di eventi cruciali e di lunga portata nella storia del Novecento. È autore di saggi su questi eventi e sui personaggi storici che ne sono stati protagonisti, tradotti e pubblicati anche in Russia, Brasile, Giappone, Corea del Sud, Spagna e America Latina. Insomma, un esperto di questioni geopolitiche e, quindi, di Russia.

Mezzetti, perché Putin muove guerra all’Ucraina?
“Perché l’Occidente, che ha vinto la guerra fredda, ha poi cercato di stravincerla”.

Cioè?
“La Russia è stata sottoposta a umiliazioni che le potevano essere risparmiate”.

E’ per questo che Putin ha alzato la cresta fino al punto da mandare i carri armati?
“Si dice che Putin abbia innescato questa crisi perché vuole essere considerato allo stesso livello degli altri leader politici internazionali. Ma il problema non riguarda la psicologia dello “zar”. Il problema l’ho già accennato: è l’Occidente che ha voluto stavincere, umiliando la Russia infliggendole umiliazioni non necessarie. Putin non ha affatto nostalgia del comunismo, ma è un russo con una forte identità nazionale e, diciamolo pure, nazionalsta. E non può soccombere”.

Mezzetti, torniamo alle vere o presunte umiliazioni di cui parla.
“Un esempio. La riunificazione tedesca è stata fatta negando alla fine molti degli impegni presi dagli occidentali verso Mosca”.

In concreto?
“Era stato stabilito che la Nato non si sarebbe allargata a Est, che gli americani non avrebbero interferito più di tanto su questioni dei diritti umani. Invece la Nato si è ampliata proprio a Est, incorporando tre repubbliche ex sovietiche. Da una parte si scioglieva il Patto di Varsavia, dall’altra la Nato si rafforzava”.

Ma a parte questi risentimenti, cosa vuole ora Putin?
“Vuole delle cose oramai inaccettabili. Vuole che l’Occidente assuma precisi impegno e l’Ucraina non aderisca mai alla Nato. In altri termini, vuole condizionare la politica di un Paese terzo”.

Quindi l’Ucraina è condannata a restare nell’orbita russa?
“Prima di prendersela con Putin, l’Ucraina deve prendersela con la geografia che l’ha messa in quella zona. Essendo questa la situazione geostrategica, qualunque sia il suo regime non può e non potrà non tenere conto degli interessi russi. Per giunta è un Paese importante, con oltre 40 milioni di abitanti, ed è comunque imbarazzante indicare all’Ucraina una soluzione con cui ha sinora convissuto una nazione ben diversa, meno popolata, cioè la Finlandia. Helsinki ha convissuto per tutto il periodo della guerra fredda avendo alle spalle, col fucile sempre spianato, l’’Urss. Eppure ha trovato un modus vivendi, tanto che la Finlandia si ì sviluppata nella democrazia, nella libertà e nella prospettiva economica, senza insospettire l’Orso russo”.

Ma secondo lei, era proprio necessario ricorrere alle armi?
“No. La diplomazia, su entrambi i versanti, avrebbe dovuto essere più creativa nella ricerca di una soluzione, che non c’è stata. Così che lo sbocco sia ora questa tragedia, più pericolosa per quello che avverrà, non solo per quello che sta accadendo”.

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