Il toto candidati che nuoce alla politica. E ai “fratelli”

candidature politica fratelli
Le "bombe" di Maurizio Mosca, che decideva il calciomercato col pendolino. Uguale oggi per le candidature in politica

La politica locale, quella varesina o varesotta che dir si voglia, sembra concentrata su un unico argomento: le candidature alle politiche e alle regionali del prossimo anno. Riconosciamo che noi giornalisti contribuiamo ad alimentare il dibattito sullo specifico argomento, ma i diretti interessati, cioè gli esponenti dei partiti, non si tirano indietro. Anzi. In diverse occasioni, è vero, vengono pubblicate da alcune testate locali ricostruzioni di fantasia, con candidature che richiamano le famose e divertenti “bombe” di Maurizio Mosca, che in Tv, dentro un finto pentolone e con il pendolino a confermare o smentire ipotesi di mercato, vaticinava mirabolanti quanto improbabili trasferimenti di calciatori da una squadra ad un’altra.

Proprio come accade con i nostri politici. I quali stanno al gioco, fino al punto da mandarsi reciprocamente a quel paese se, come accade in Fratelli d’Italia, c’è chi marca il territorio e sollecita così la piccata reazione dei colleghi della città dirimpettaia. Busto Arsizio con Gallarate, ad esempio. Dove i rispettivi rappresentanti di sezione, ringalluzziti dai sondaggi che danno il partito in vertiginosa crescita, si disputano il diritto di indicare nomi o, addirittura, di autocandidarsi. Come se dipendesse da loro, come non sapessero che: 1) i biglietti con destinazione Roma sono oggi ridotti di numero: può accadere che la corsa per il Parlamento tagli fuori addirittura la provincia di Varese. E’ già accaduto in passato con Forza Italia, figurarsi se non può accadere adesso con la rivisitazione al ribasso dei collegi elettorali; 2) gli equilibri all’interno delle coalizioni, sia di centrodestra sia di centrosinistra, fanno premio su qualunque altra pretesa primogenitura; 3) le decisioni sono sempre e comunque avallate se non decise dall’alto e le velleità personali, se pur legittime, rischiano all’istante di essere vanificate.

C’è allora da domandarsi quale sia la ratio di dannarsi l’anima, facendo la figura dei polli di Renzo, per la caccia al posto (non succede soltanto in Fratelli d’Italia) in un momento come l’attuale, segnato da ben altri, gravi problemi che non lo strapuntino da assegnare a questo o quell’altro politico. Se non sia il caso di dirottare l’attenzione sulle questioni che davvero interessano gli elettori, prima che la fuga dai seggi s’impenni rispetto alla preoccupante disaffezione che già contraddistingue ogni tornata elettorale. E’ una questione di correttezza procedurale. E di rispetto dei cittadini, che delle beghe di potere interne dei partiti e tra i partiti importa un fico secco. Tanto che, per tornare ai cosiddetti livelli alti, arrivino perentori stop al chiacchiericcio e alle liti. Vedi sempre Fratelli d’Italia: Ignazio La Russa e Daniela Santanché, non proprio gli ultimi della compagine meloniana, hanno detto basta alla volata di Emanuele Antonelli, per la verità impostata dal suo cerchietto magico bustocco e da certi servitor cortesi di altra provenienza, verso Roma o la Regione. C’era da aspettarserlo ad un anno dal voto, con le amministrative alle porte e con tutto quel che sta attorno.

Nel frattempo Forza Italia ha aperto la gara per la Provincia, ente bistrattato ma appetibile in una logica di potere locale. Per dirla in un altro modo, un’altra disputa dentro il centrodestra. Un’altra richiesta berlusconiana che, gira gira, potrebbe finire come è sempre finita in questi ultimi tempi: i forzisti picchiano i pugni, s’arrabbiano, s’offendono e poi calano le braghe. Loro, come la Lega (Busto Arsizio insegna), tutti compresi dalla sbandierata unità del centrodestra dentro il quale, sotto la cenere, covano le fiamme. A sinistra, se non altro, all’apparenza sono più furbi: il confronto è teso, ma ne parlano meno. E quando ne parlano, dissimulano. Se sia giusto così non sapremmo dire. Sicuro però che il troppo rumore disturba, anzi stroppia.

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