Intelligenza artificiale e nuovi lavori: tutti da inventare

bottini intelligenza artificiale lavoro

di Gian Franco Bottini

Il lavoro: questa entità così diversa e mai finita di scoprire, al punto che spesso si può affermare che qualcuno “si è inventato un lavoro”.

Il concetto di lavoro è, nel sentore corrente, legato a quello di “compenso” ma a ben pensarci, risolti i problemi pratici della quotidianità, il lavoro ci può restituire molto di più: gratificazione, soddisfazione, successo, entusiasmo, autostima e potremmo continuare, per poi concludere con “realizzazione”. Diceva qualcuno che i problemi del lavoro odierno iniziano quando uno smette di lavorare, con ciò sottolineando i tanti valori di un impegno lavorativo, che vanno al di la del ritorno economico e che ad un certo punto ci vengono a mancare.  Con l’allungamento della vita media questa osservazione è più che mai vera, basti pensare ai molti problemi personali che si vengono a creare alla ricerca di nuovi stimoli, nel momento di affrontare un presumibilmente lungo pensionamento.

Nel nostro Paese la situazione “lavoro” è estremamente complessa e, obbiettivamente, non pare essere nelle più assillanti priorità del Governo che, al di la di qualche “pannicello caldo” (vedi cuneo fiscale), non pare essere in grado di affrontare, con interventi strutturali e di impatto adeguatamente rapido, le tante precarietà.

bottini intelligenza artificiale lavoro
Gian Franco Bottini

Situazione lavoro complicata dunque, come la confermano i dati ufficiali in materia, che segnalano contraddizioni fra loro assai evidenti. Una tasso occupazionale con tendenza generale alla tenuta e fors’anche alla crescita, che convive con una contestuale decrescita della occupazione giovanile: segno che il mercato privilegia gli ultra 35enni, per la loro preparazione, affidabilità, disponibilità o quant’altro pare non sia riscontrabile nelle generazioni meno mature.

Elevato numero di offerte di lavoro che non trovano risposta pur con i così detti detti NEED (giovani che non lavorano e non studiano ) in un numero così elevato da collocarci al comando delle classifiche europee; scarsa disponibilità dei giovani alle regole lavorative, abitudine al sussidio, scarsa formazione professionale, retribuzioni inadeguate, stile di vita irrinunciabile e incompatibile con le rigidità di un impegno lavorativo?

Tanti segnali contrastanti che vengono da una  somma di errori o di circostanze degli scorsi decenni, e che hanno creato dei nodi intergenerazionali difficili da sbrogliare e meritevoli di una più ampia e seria riflessione. E se questo scenario, che si chiama lavoro, è già di per se assai rannuvolato, appaiono minacciosamente al suo orizzonte i segnali di una ulteriore imminente tempesta. Ci riferiamo ad A.I. (artificial intelligence) minacciosa come fosse un Giudizio Universale destinato a mangiarsi molti posti di lavoro, senza che al momento si abbiano gli elementi per comprendere quale arca di Noè potrebbe salvare molte delle professioni minacciate.

La paura che AI si possa fagocitare molti posti di lavoro è purtroppo concreta, soprattutto rispetto a quelle funzioni nelle quali manualità e ripetitività sono preponderanti; ma fino a dove la “macchina” potrà arrivare senza l’intervento dell’insostituibile sensibilità del cervello umano è cosa ancora tutto da scoprire. Si può immaginare che il medico possa essere sostituito nell’utilizzo del bisturi, ma non certo  nelle sue capacità decisionali, indispensabili nei momenti topici di ogni intervento chirurgico. O che il cameriere potrà essere sostituito da nastri trasportatori o da robot in giacca bianca, ma c’è da chiedersi quanto saremo noi disponibili a rinunciare a quel rapporto umano che fa di una cena un evento di socializzazione molto di più che di semplice nutrizione. O che l’AI possa  sostituire il programmatore informatico nella stesura del codice, ma avrà comunque necessità di ricevere dall’analista le indicazioni sui risultati da raggiungere e attraverso quali percorsi.

Una cosa comunque è certa: con il tempo AI si autoalimenterà diventando sempre più intelligente e la forbice fra le sue capacità e quelle della mente umana si restringeranno sempre di più  Ma con quali limiti? Viene naturale paragonare l’attuale situazione alla “rivoluzione industriale” che fra il ‘700 e l’800 impiegò quasi un secolo per completarsi, creando le stesse preoccupazioni che attraverso le generazioni si trasformarono, non senza fatica, in nuovi lavori.

L’impressione è però che i tempi odierni possano essere più ristretti rispetto ad allora, che gli stili di vita acquisiti comportino meno resilienza soprattutto nei giovani, che i nuovi lavori esigano una preparazione non autodidattica ed intellettivamente molto impegnativa. Ci pare il momento di uno sforzo collettivo per togliere l’argomento AI dalla nebulosità che lo circonda e farne un argomento diffuso e meno minaccioso, al fine di stimolare, soprattutto nei giovani, l’individuazione di nuovi percorsi lavorativi, avendo la netta sensazione che, almeno nei primi tempi, “i nuovi lavori andranno inventati”.

bottini intelligenza artificiale lavoro – MALPENSA24