La geopolitica e la pizza di Putin

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, quando qualcuno mi parlava di geopolitica a me sembrava di dover discutere della planimetria di paperopoli. Dopo aver letto il grande successo editoriale di Tim Marshall “Le dieci mappe che spiegano il mondo”, ho scoperto il nostro mondo come non l’immaginavo e l’ho guardato con una prospettiva del tutto nuova. La terra su cui viviamo ci ha sempre vincolato. Ha influenzato le guerre, il potere, le vicende politiche e lo sviluppo sociale dei popoli. Oggi la tecnologia potrebbe apparire in grado di superare le distanze che ci separano sia a livello mentale che fisico, ma è facile dimenticare che il territorio in cui viviamo, lavoriamo e cresciamo i nostri figli è immensamente importante e che le scelte di coloro che guidano gli oltre sette miliardi di abitanti di questo pianeta saranno sempre condizionate dai fiumi, dalle montagne, dai deserti, dai laghi e dai mari.

Le realtà fisiche che sottendono la politica nazionale e internazionale vengono spesso trascurate, sia nei libri di storia sia nei rapporti sullo stato del mondo. La geografia è chiaramente un elemento fondamentale del “perché” e del “cosa”. Prendete ad esempio la Cina e l’India: due paesi enormi con popolazioni gigantesche che hanno in comune un confine lunghissimo ma non sono allineati né politicamente né culturalmente. Non ci sarebbe da stupire se i due colossi si fossero scontrati in varie guerre, ma in realtà, a parte un mese di scaramucce nel 1962, non è mai successo. Perché? Perché li separa la catena montuosa più alta del mondo ed è praticamente impossibile far passare grosse colonne motorizzate attraverso l’Himalaia. Entrambi i paesi focalizzano la propria politica estera su altre regioni, pur tenendosi reciprocamente d’occhio.

Così si può più facilmente comprendere la pace “romana” imposta dalla Cina alla regione del Xinjiang per non parlare di Hong Kong, troppo ricco, troppo indipendente, soprattutto troppo vicino. L’Hong Kong britannico che faceva parte del Commonwealth è divenuto un lontano ricordo e la Cina ha eliminato il trattato del ’97, firmato da Deng Xiaoping, con il quale sostanzialmente garantiva per cinquant’anni l’autonomia dell’ex colonia della Gran Bretagna con l’accordo “una Cina due sistemi”. Anche l’annoso problema di Taiwan, la grande isola “frontaliera” le coste cinesi, che vede il colosso asiatico fronteggiare gli Stati Uniti nel Pacifico potrebbe essere foriero di drammatici avvenimenti. Un altro esempio illuminante. Marshall racconta di essere giunto nel nord dell’Afghanistan per unirsi alle truppe della North Alliance (NA). I caccia e i bombardieri americani erano già all’opera e martellavano le postazioni dei talebani e di al-Qaeda nelle gelide e polverose pianure e colline a est di Mazar-i-Sharif per preparare il terreno all’avanzata delle forze terrestri in direzione di Kabul. Dopo qualche settimana, la NA si preparava a muovere verso sud. “Poi il mondo ha cambiato colore”.

È scoppiata la più spaventosa tempesta di sabbia che avesse mai visto dipingendo tutto di un bel giallo-senape. Persino l’aria sembrava di questo colore, tanto pullulava di granelli di sabbia. Nel momento peggiore la visibilità era ridotta a pochi metri e l’unica cosa chiara era che l’avanzata doveva attendere il miglioramento delle condizioni atmosferiche. La tecnologia satellitare di cui disponevano gli Stati Uniti, massima espressione del progresso scientifico, era impotente, totalmente accecata dal clima di quelle zone. Tutti, dal presidente Bush ai capi di stato maggiore delle forze di coalizione alle truppe della NA, non potevano fare altro che aspettare. Poi si è messo a piovere, e la sabbia che si era depositata su tutto e su tutti si è trasformata in fango. Veniva giù così forte che le capanne di fango cotto in cui vivevano tutti sembravano sul punto di sciogliersi. Era chiaro che l’avanzata verso sud sarebbe rimasta ferma finché la geografia non avesse detto la sua. Le regole della geografia, che Sun Tzu, Annibale e Alessandro Magno conoscevano così bene, si applicano ancora ai leader di oggi.

 “Quando non pensa a Dio e alle montagne, Vladimir Putin pensa alla pizza e in particolare alla forma di una fetta di pizza, un cuneo semitriangolare. Il vertice di questo cuneo approssimativo è la Polonia. Qui l’immensa pianura nordeuropea che si estende dalla Francia agli Urali è larga meno di 500 chilometri. Va dal Mar Baltico a nord fino ai Carpazi a sud. La pianura nordeuropea abbraccia tutta la Francia occidentale e settentrionale, il Belgio e l’Olanda, la Germania settentrionale e quasi tutta la Polonia.” La Russia è stata sempre invasa da questa direzione sia da Napoleone nel 1812, sia da Hitler nel 1941. Si è salvata in entrambi i casi per le linee di rifornimento insostenibilmente lunghe. Ma volete che la Russia non sia preoccupata d’avere un fronte occidentale così aperto?

Dopo la caduta del muro di Berlino i Russi hanno assistito con apprensione al progressivo allargamento della NATO verso est: Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia nel 1999; Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia nel 2004; Albania nel 2009. Chi avrebbe mai immaginato che le forze armate americane si potessero dislocare in Polonia e negli stati baltici a poche centinaia di chilometri da Mosca? La Russia si è presa la Crimea, fondamentale sbocco sul Mar Nero, e volete che rinunci facilmente alla questione dell’Ucraina? Come ha recentemente sottolineato Angelo Panebianco, quando il presidente russo definisce il crollo dell’Unione Sovietica la più grande catastrofe della storia recente non è il comunismo che rimpiange, è l’impero. L’idea della geografia come fattore decisivo nel corso della storia umana si può leggere come una visione pessimistica del mondo ed è per questo che viene avversata in alcuni circoli intellettuali. Implica in sostanza che la natura sia più potente dell’uomo e che per questo possiamo determinare il nostro destino solo fino ad un certo punto. Il conflitto in corso in Iraq e in Siria si deve al fatto che le potenze coloniali hanno deliberatamente ignorato le regole della geografia, mentre l’occupazione cinese del Tibet deriva dalla scelta opposta, ossia quella di rispettarle.

Cari amici vicini e lontani, si crede che per comprendere quello che accade nel mondo occorra avere informazioni circa la politica, l’economia e i trattati internazionali. Questo è certamente vero. Tim Marshall per trent’anni corrispondente estero di BBC e Sky News, inviato di guerra in varie parti del mondo, ci racconta un’altra storia. Ci dice in modo brillante e suggestivo come tutti i leader del mondo, quando prendono decisioni operative, devono tener conto dei problemi legati alla geografia, ai mari, ai fiumi, alle montagne e ai deserti. Incredibile ma è così. Ordunque la mia visione del mondo è cambiata.

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