La sfida di Renzi obbliga Forza Italia a decidere cosa fare da grande

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Quella lanciata da Matteo Renzi con “Il Centro” e l’annuncio della sua candidatura alle europee come capolista nel collegio Nord-Ovest, quello di Milano e della Lombardia, è una sfida rivolta non tanto all’ex partner del Terzo Polo Carlo Calenda quanto a Forza Italia. Il partito azzurro, rimasto orfano di Silvio Berlusconi, sta vivendo la non semplice fase di ricostruzione di un partito leaderistico senza leader e prima della primavera terrà un congresso per sancire il nuovo corso affidato al braccio destro del Cav. Antonio Tajani. L’impressione però è che l’attuale classe dirigente forzista si stia per l’ennesima volta arroccando sulle proprie posizioni acquisite di potere, ma se in passato i sondaggi in calo venivano puntualmente smentiti sfoderando le armi del carisma e della popolarità del leader Silvio Berlusconi, che nonostante gli ottant’anni suonati imperversava nelle ultime settimane prima del voto su tutte le tv, radio e giornali del Paese, stavolta a duellare con Salvini, Meloni, Renzi, Schlein e Conte per guadagnare i consensi degli italiani ci sarà Antonio Tajani, che al di là delle indubbie competenze e dell’autorevolezza acquisita in trent’anni di carriera politica ai massimi livelli (commissario europeo, presidente dell’Europarlamento e ora vicepremier) non sembra propriamente brillare in termini di presa sul popolo.

Il rischio è che, in un’elezione per l’Europarlamento che non ha impatto diretto sugli equilibri di governo e che storicamente si presta ad un voto d’opinione più “ballerino” – ricordate il 41% del PD di Renzi nel 2014, il 34% della Lega di Salvini nel 2019, ma persino l’exploit dell’8,5% della lista di Emma Bonino nel ’99 e il primo e unico sorpasso del PCI sulla DC nell’84 – l’effetto-Renzi possa farsi sentire soprattutto sull’elettorato azzurro. «Io spero di prendere voti sia a Forza Italia sia al Pd» la mission dichiarata dal fondatore di Italia Viva. Per evitare questo pericolo, che potrebbe svuotare di consensi il partito berlusconiano, la strada suggerita da più parti sarebbe quella di riaprire le porte di Forza Italia, in primis ai tanti transfughi che, negli ultimi anni di gestione “militaresca” affidata alle predilette del Cav. (prima Ronzulli e poi Fascina), si sono sfilati per cercare fortuna altrove. Con esiti paradossali come quello della Lombardia, dove una parte significativa della “nuova” classe dirigente di Fratelli d’Italia, primo partito alle ultime regionali, è costituita da ex forzisti di primo piano.

Le elezioni europee, in questo senso, rappresenterebbero un’occasione unica: grazie al meccanismo delle preferenze, potrebbero infatti trasformarsi in una grande conta interna agli azzurri per ridefinire i pesi in termini di consensi in un partito che si riapre all’esterno e torna ad includere tutte le forze che fanno riferimento al PPE e ad un centro moderato. In fondo, è lo stesso motivo per cui Matteo Renzi ha deciso di mettersi in gioco con la sua candidatura. Ma è chiaro che, in un partito come FI in cui i seggi sicuri delle politiche sono stati distribuiti ai fedelissimi sulla base delle raccomandazioni, è un’opzione che rischierebbe di favorire le “scalate” di chi oggi è fuori. Eppure la pattuglia parlamentare di Forza Italia da qui ai prossimi quattro anni sarà determinante per tenere in piedi il governo di Giorgia Meloni: una forza che in questo momento però non sembra produrre grandi risultati in termini programmatici, basti pensare al clamoroso caso del decreto sugli extraprofitti delle banche che aveva irritato persino la famiglia Berlusconi.

E allora, perché non scommettere su una nuova stagione di un partito che torni ad essere aperto, inclusivo e democratico al suo interno, e che possa liberarsi dalla “tenaglia” degli alleati Meloni-Salvini per tornare ad essere davvero centrale nello scacchiere politico, pur rimanendo fedele a quell’alleanza di centrodestra che peraltro passerà alla storia come un’invenzione di Silvio Berlusconi? Il Cav. potrebbe rimanere idealmente come l’ispiratore, il “De Gaulle” di questa nuova forza popolare, e paradossalmente la “nuova” Forza Italia potrebbe tornare appetibile anche per quelle praterie di voto moderato che, allontanatosi in quanto deluso dagli incidenti (Bunga bunga et similia) dell’ultimo decennio, dalle promesse mancate e dall’inevitabile declino di Berlusconi, non ha più trovato una vera “casa” politica. Ma servirebbe un leader. O forse c’è già. Citofonare Matteo Renzi.

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