Farioli applaude Renzi ma sogna un “Centro” largo, con Forza Italia e Azione

Gigi Farioli e Matteo Renzi in occasione della campagna elettorale del 2021 a Busto Arsizio

BUSTO ARSIZIO – «”Il Centro” di Matteo Renzi? Ha gli stessi valori, principi e contenuti del gruppo che ho fondato in consiglio comunale a Busto, “Popolo Riforme e Libertà”». Ma Gigi Farioli, alle ultime elezioni regionali candidato per il Terzo Polo, chiama a raccolta, al centro, anche Forza Italia e Azione: «Continuo a credere che l’offerta del centro debba mettere insieme un ambito che va dai liberali di Forza Italia ai riformisti del PD e che non possa non tenere insieme i liberaldemocratici e quelli che si sono riconosciuti nel Terzo Polo con Calenda». Insomma, merito a Renzi per aver «gettato il sasso nello stagno», ma per Farioli alle Europee la dispersione in più liste sarebbe «un’occasione persa».

Gigi Farioli, cosa ne pensa de “Il Centro” lanciato da Matteo Renzi a Milano?
Renzi pone lo stesso tema che, nel mio piccolo, posi nel 2021: in Italia e in Europa occorre tornare ad offrire un chiaro riferimento politico centrale. Cosa significa centrale? Un riferimento politico che rifugga dalle negatività dell’ultimo decennio che ha portato troppo spesso a far decadere la politica in slogan, superficialità, estremismi, allontanandola da ciò che dovrebbe essere, la capacità di governare il complesso e il difficile della società. E ciò può essere fatto unicamente da una posizione centrale che rifugga da sovranismi, da populismi e da estremismi. In pratica riportando al centro i valori migliori dell’Italia migliore.

Quali sono?
Per quel che mi concerne, sono i valori da cui è nata Forza Italia. Un chiaro riferimento liberale, popolare, riformista che non può che essere il centro: più ancora che punto equilibrato tra gli estremi, il luogo del governo intelligente del Paese. Non so se la sfida di Renzi avrà successo, sicuramente pone a Forza Italia la necessità di avere il coraggio di essere autenticamente ciò che la sua origine e la sua collocazione europea determinano, cioè una forza liberale, europea e popolare, e soprattutto pone il problema di non andare a inseguire politiche che dimostrano come il governo di destra stia mettendo la retromarcia e l’opposizione, sbalestrata, pare non essere in grado di costituire un’alternativa.

E Gigi Farioli, ha già scelto dove schierarsi?
No, la mia scelta è continuare a partire dal basso a dare risposte concrete sui contenuti. Lo faccio a Busto Arsizio in consiglio comunale, nella società civile con l’Officina delle Idee, in provincia di Varese cercando di creare connessioni. Le battaglie essenziali sono tre: per lo sviluppo economico, l’economia di mercato e la concorrenza, per la sanità pubblica e l’istruzione pubblica al centro dell’impegno pubblico e per la sussidiarietà orizzontale e verticale, mentre dal governo centrale arrivano messaggi contraddittori, dall’abbandono degli enti locali al predominio della visione assistenzialista e della logica dei sussidi. Mi auguro che il sasso gettato nello stagno del centro possa riportare ad alleanze serie. E all’essenzialità di un’offerta credibile e appetibile sul centro.

Il sasso è gettato, ma lo stagno del centro sembra molto turbolento…
Io ho l’ottimismo del sogno che mi portò a fondare Popolo Riforme e Libertà. Le stesse battaglie, valori, principi e contenuti che a due anni di distanza vedo nel messaggio alto di Matteo Renzi, ma che ho visto anche nell’abortito – per ora, spero solo momentaneamente – progetto del Terzo Polo, e che ho visto e vedo nelle parole dei dirigenti Forza Italia che, con un sussulto forse tardivo, stanno cercando di richiamare l’essenzialità che l’Italia o si governa sulla base di questi principi o va a sbattere. O meglio, per dirla con Renzi, mette la retromarcia.

Alle europee si vedrà già qualche novità o sarà un passaggio verso un nuovo “Centro”?
Abbiamo davanti nove mesi. C’è la necessità che queste elezioni si affrontino non solo come un mero tentativo di riposizionare il potere interno alla maggioranza di destra tra un Salvini che vuole coprire gli spazi della destra “vannacciana” ed euroscettica e una Meloni in continuo sbattimento schizoide tra la necessità di governare dal centro e la volontà di non perdersi a destra, ma con una campagna elettorale che riporti al centro il ruolo dell’Italia in Europa. Essendo di fatto una chiamata al voto proporzionale, le europee da un lato non fanno correre il rischio di mettere in discussione gli equilibri di governo, ma dall’altro rischiano di trasformarsi in un mero sondaggio di potere interno ai singoli Paesi. Ecco perché occorre usare questi mesi per far tornare il dibattito sui contenuti e sulle prospettive di un’Italia protagonista in Europa. Il mio sogno è lo stesso del 2021, il guaio è che purtroppo oggi predominano le visioni personalistiche, leaderistiche e di piccolo cabotaggio. Sentirei il bisogno di partiti con forte capacità di democrazia interna e altrettanto forte dibattito. Chiedo troppo? Spero di no.

Realisticamente invece cosa auspica?
La rabbia e il paradosso è che la politica italiana degli ultimi anni ha costretto a stare insieme i diversi, solo in una logica di potere, allontanando i simili. Ora mi auguro che, anziché dividersi tra simili, si sappia essere in grado di dare un’offerta più credibile e attrattiva per i simili. Io onestamente continuo a credere che l’offerta del centro debba mettere insieme un ambito che va dai liberali di Forza Italia ai riformisti del PD e che non possa non tenere insieme i liberaldemocratici e quelli che si sono riconosciuti nel Terzo Polo con Calenda.

Disperdersi in più liste sarebbe un errore?
Io la troverei un’occasione persa, ma anche un inutile elemento di confusione rispetto a cittadini che vorrebbero maggior chiarezza e semplificazione. Come è possibile che persone che condividono 90% di sensibilità, idee e proposte siano separati, quando poi al governo stanno insieme persone che vanno dal filoputinismo all’atlantismo puro, dal libero mercato al dirigismo, dalla libera concorrenza all’assistenzialismo? Non può essere solo una logica di potere a garantire gli equilibri, perché si finisce come negli ultimi decenni, con un Paese che invece di crescere regredisce, che ha la sanità pubblica tra le peggiori d’Europa, i salari al più basso livello d’Europa e che non riesce a fare passi avanti anche in termini sociali ed etici.

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