Liste in campo per le regionali, bulimia pre elettorale dei candidati

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Con la presentazione delle liste per le elezioni regionali del 12 e 13 febbraio, la campagna elettorale entra nel vivo. In verità è già cominciata da alcune settimane, con gli esponenti politici sicuri di ottenere o riottenere la candidatura per Palazzo Lombardia, subito impegnati a raccontare, pontificare, promettere, elencare, presentarsi, giudicare, commentare, screditare avversari e tutto quanto serve loro per avere visibilità e accreditarsi di fronte all’elettorato. Nella norma, si dirà. Bè, che sia sempre andata così, quanto meno nella formazione delle liste, è vero in parte. Per esempio, sull’autorevolezza complessiva dei candidati, questa volta qualcuno potrebbe eccepire. Non che in passato non esistessero i riempi lista, ma forse, nella fattispecie, in alcuni casi e senza generalizzare, i partiti hanno esagerato proprio con i tappabuchi.

La causa? Duplice, ci verrebbe da dire. La prima: i candidati più forti non desiderano avere a fianco elementi che possano disturbare la loro corsa verso Milano. La seconda: la classe politica in generale è vittima di una involuzione di qualità. Non scopriamo l’acqua calda se scriviamo che non si intravedono all’orizzonte eccellenze destinate a lasciare un segno nella storia politica del Varesotto e, più in generale, della Lombardia. Il momento è particolare e, anche per la Regione, dobbiamo accontentarci di quanto passa il convento. Che non sia il massimo delle opportunità in circolazione sulla piazza è appunto testimoniato dalle tensioni (eufemismo) per la scelta degli otto esponenti, quattro donne e quattro uomini, che in ciascuna lista rappresenteranno partiti e coalizioni alla consultazione di febbraio: in troppi avrebbero voluto partecipare al di là delle singole storie, delle competenze e, vivaddio, dei meriti.

Detto questo proviamo ad avventurarci nel campo (minato) delle previsioni. Ci sembra, e non vorremmo sbagliarci, che il tracciato sia stato più o meno definito dai sondaggi. I quali confermano lo zoccolo duro dei lombardi a favore del centrodestra, nonostante le spinte contrarie di un mandato penalizzato dalla pandemia e da una sua gestione che ha generato una serie di problemi. Non tutti o non solo da addebitare alla tragicità di un evento drammatico e improvviso; problemi che hanno però esposto l’esecutivo di Attilio Fontana a una serie di critiche. La sensazione è che le squadre di Letizia Moratti e Pierfrancesco Majorino finiranno per indebolire il centrodestra, ma non riusciranno a sconfiggerlo. La gara rimane più che mai aperta proprio nella coalizione ritenuta predestinata al successo. Anche se nessuno si dà per sconfitto in partenza e, tra le liste in senso trasversale, è partita una corsa senza esclusione di colpi.

Sappiamo che soltanto sette saranno gli eletti in provincia di Varese e, tra costoro, più di un paio hanno già il risultato acquisito. Però tutti ci credono. E, statene certi, da qui ai giorni del voto ne sentiremo e ne vedremo di tutti i colori: promesse e programmi seri accanto a sciocchezze come se non ci fosse un domani. Di nuovo: è sempre stato così. Con una differenza: una volta i partiti facevano da filtro, gestivano le situazioni, singole e collettive. Oggi le segreterie hanno una capacità di interdizione limitata (spiegare perché sarebbe troppo lunga). Il risultato è che la bulimia pre elettorale dei candidati sarà irrefrenabile. Fino a procurare la nausea agli elettori.

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