MALPENSA – E’ morto ieri, giovedì 10 novembre, don Ruggero Camagni. Aveva 86 anni. Nell’ultimo periodo si era ritirato a Case Nuove dopo aver svolto per lungo tempo (dal 2005 al 2018) il ruolo di cappellano dell’Aeroporto di Milano a Malpensa.
Un prete tra gli ultimi
Don Ruggero Camagni era diventato un vero punto di riferimento, materiale e spirituale, per i disperati che trovano rifugio al T1. A Malpensa vivono infatti papà divorziati che pagando gli alimenti alla moglie non possono permettersi un secondo affitto, donne vittime della disoccupazione e della solitudine, ma soprattutto stranieri. «Bisogna avere il coraggio di fare un’indagine sul perché vanno via dai loro Paesi», amava ripetere il cappellano. E lui, nel piccolo della sua realtà aeroportuale, lo ha sempre fatto. Ascoltando le loro storie, tentando di coinvolgerli e di aiutarli con i mezzi (pochi) a sua disposizione. «Che siano italiani o stranieri, qui mi chiedono di tutto, ma non la religione. Tanti non sanno nemmeno che sono un prete. I sacramenti non interessano, la mia occupazione è fare la carità».
Dialogo interreligioso
Fautore da sempre del dialogo interreligioso, sollevò un polverano politico-mediatico quando mise a disposizione dei musulmani la cappella della Madonna di Loreto che sorge all’interno del Terminal 1. Fu la soluzione adottata dopo aver tentato – invano – di convincere il gestore aeroportuale a realizzare una sala multiconfessionale come ne esistono in tantissimi aeroporti del mondo, un luogo raccolto in cui ciascuno può pregare il proprio Dio senza distinzione tra religioni. «Ma al momento non c’è e ci dobbiamo arrangiare», spiegò il cappellano. E così, se la sua decisione non stupì chi lo conosce perché rientrava perfettamente nel suo modo di intendere la vocazione sacerdotale, fece irritare la Lega che arrivò persino a scrivere una lettera di protesta alla Curia di Milano.