Manovra natalizia e diavoleria politica

lodi manovra governo

di Massimo Lodi

Nuova manovra previsionale, vecchio stile manovriero: novità zero. Secondo storica tradizione, non cambia il regalo natalizio della politica. Passano stagioni, maggioranze, governi: resta il colpo di spugna su prerogative del Parlamento, ruolo che gli compete, diritto a discutere della legge più importante dell’anno.

La finanziaria viene licenziata col voto di fiducia. Anziché raccontarsi (ciascuno dice come la pensa e vien dibattuto il merito), ci si conta (ciascuno fa pesare l’appartenenza a una fazione, e amen). Forza di muscoli che testimonia debolezza di progetto. Non vale dire: i tempi sono stretti, le emergenze incombono, bisogna velocizzare. Vale ammettere: le divisioni della maggioranza abbondano, la sintesi con i rilievi della minoranza è impossibile, di qui la necessità/l’urgenza del diktat.

Perché di questo parliamo. Il battesimo del bilancio 2023 appare una celebrazione d’imperio: burbanzosa, confusa, deludente. La sconfitta sta (1) nell’escamotage scelto per evitare l’esercizio amministrativo provvisorio, che avrebbe precipitato l’Italia in un mortifero gorgo; la débacle consiste (2) nella perdita d’unitarietà dei partiti trionfatori il 25 settembre. La promessa compattezza –disegno unitario del Paese prossimo venturo– s’è involuta in balcanizzazione partigiana, vuoto di prospettiva nazionale, deficit di personalità strategica.

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Massimo Lodi

È ovvio criticare da sinistra una scelta di destra. Non lo è corrodere da destra un progetto della destra medesima. La Meloni esce ammaccata, più che dal confronto coi leader dell’opposizione, dal braccio di ferro coi capi del suo fronte. Vero che tale dialettica è fisiologica della vita di qualunque esecutivo, idem vero che l’annunciato ribaltone di metodo – in omaggio a un vasto favore popolare- s’è ridotto al continuismo bongré malgré, nel segno d’un mediare di oggi uguale/peggiore del mediare di ieri.

Da chi ha stravinto le elezioni ci si aspettava una risolutezza incisiva e visionaria. Discutibile certo, all’occhio livoroso degli sconfitti. Ma indiscutibile, perché legittima e dovuta, all’occhio popolare. Invece ecco il patchwork-pateracchio, fra l’altro con danno alle categorie sociali determinanti nel costituire il blocco di consenso dell’area destra-centro. Un dettaglio primario: il ceto medio, che doveva finalmente godere del privilegio d’attenzione a lungo negatogli, si ritrova sotto pesante scacco. Lavoratori dipendenti e pensionati -né poveri né ricchi, e tuttavia da sempre chiamati ad alleviare i poveri e ingrassare i ricchi- sono costretti una volta ancora in un purgatorio dove espiare peccati mai commessi.

Forse, per citare a sproposito Bergoglio, ci dobbiamo rassegnare all’eterna prevalenza d’un demonio educato: la diavoleria istituzionale. Rimanendo all’emergenza e alla velocità: non basterà correre, a lavoratori dipendenti e pensionati, per restare allo stesso posto. Gli studiosi la chiamano dimensione ansimante della famiglia: una beffa, nella società signorile di massa dove pochi pagano per molti, ricevendo in cambio un ben incartato senso d’abbandono. L’immeritato pacco.

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