Marazzini candidato a Varese e Busto: «Dove ci sono i grillini, non c’è Azione»

BUSTO ARSIZIO – Azione sta con i riformisti a Busto, ma non con i riformisti di Varese. Nel capoluogo la scelta del partito è stata quella di correre in solitaria e a sostegno di Carlo Alberto Coletto. Due scelte differenti, ma con un candidato per il Comune “in comune”: Carlo Marazzini, che si presenta in entrambe le competizioni. Ovvero con Lavoriamo per Busto a sostegno del candidato Gigi Farioli e con il partito di Calenda nella Città Giardino.

Carlo Marazzini, è candidato sia a Busto sia a Varese. Sempre con Azione, ma in schieramenti differenti. Insomma, si potrebbe dire: Lavoriamo per Busto, ma non Lavoriamo per Varese. E’ così? 
«Alt: in entrambe le città il mio impegno è con Azione. A Busto però abbiamo dato vita a un laboratorio politico come a Milano. Anzi, Lavoriamo per Busto nasce proprio sull’onda del progetto riformista milanese. A Varese c’è un’altra situazione».

Stesso nome di lista, forse gli stessi valori e anche i medesimi punti di contatto partitico (Italia Viva e +Europa) tra i riformisti nelle due città. Eppure Azione ha fatto scelte diverse. Perché?
«Semplice, a Varese siamo partiti da oltre un anno e con un progetto pensato da Giancarlo Pignone e Carlo Alberto Coletto. E su questo abbiamo lavorato per dare vita a un polo alternativo. Proprio nel segno di quanto dice Carlo Calenda, ovvero dove c’è Azione non ci possono essere né i sovranisti, né i populisti. Con Davide Galimberti ci sono i Cinque Stelle, con i quali non abbiamo nulla da condividere. A Busto sosteniamo Gigi Farioli. Direi che in campo ci sono due progetti diversi e Azione ha assunto una posizione coerente: sostiene candidati riformisti e che nulla hanno a che fare con ideologie sovraniste o populiste».

Ma non è che così rischiate di restare nella “riserva indiana” della politica? 
«Non credo. Semmai a Busto “rischiamo” di dare vita a un progetto politico di respiro nazionale. Il nostro gruppo parla a chi ha perso interesse per la politica, e per colpa di una certa politica. Mi creda, sto parlando dell’elettorato moderato, liberale, democratico ed europeista, ma anche dei molti leghisti delusi dalla linea di Salvini, che ha schiacciato il Carroccio su Fratelli d’Italia al punto che quasi si fa fatica a vedere le differenze. Ma ci rivolgiamo anche ai moderati di Forza Italia e del Partito Democratico, i quali ci guardano con grande interesse pur non avendo ancora il coraggio di entrare in Azione. O meglio, in questo progetto riformista. Però siamo un laboratorio e le porte sono aperte».

Ma intanto si vota tra meno di un mese: i giochi sono fatti e chi ha scelto di stare nel centrodestra mica può cambiare. Se il suo è un appello, non crede che arrivi un po’ in ritardo?
«Nella mia vita professionale sono abituato a ragionare su progetti e su come renderli concreti. Il mio approccio, anche in questa avventura politica, non è cambiato. Anzi, ho scelto Azione consapevole che ci sarebbe stato molto da costruire. Il mio, quindi, non è un appello. Gigi Farioli sta dando alla squadra un respiro molto più ampio. Ci misuriamo in queste elezioni ma il futuro è più a lungo raggio. E in tal senso dico che ci sono persone che oggi hanno scelto il centrodestra o il centrosinistra per la convenienza del “qui e ora”. Ma quando le bocce saranno ferme, e le urne avranno dato il loro responso, per qualcuno verrà spontaneo approfondire il discorso riformista».

Veniamo a Gigi Farioli. Sulla candidatura dell’ex sindaco si sta sentendo di tutto. Anche che si sia “venduto” alla sinistra. Come risponde? 
«Malignità elettorali. Nell’immaginario dei bustocchi Gigi Farioli è il sindaco di Busto. E aggiungo: a Busto Farioli è di Forza Italia. Anzi, Farioli è Forza Italia. Insomma, stiamo parlando di una figura di grande spessore ed esperienza, che ha fatto una scelta per la città. Non possiamo dire lo stesso di Emanuele Antonelli. L’attuale sindaco, quando pochi mesi fa ha scelto di aderire a un partito, ha cambiato prospettiva. La sua ricandidatura, che piaccia o meno, è anche dipesa da scelte o equilibri che hanno il loro centro decisionale a Roma. Non certo a Busto».

Marazzini, mettiamo da parte gli assetti politici e passiamo ai temi. Qual è, dal suo punto di vista, il primo in agenda per la prossima amministrazione? 
«Oggi non si può che partire dall’asse pandemia-discontinuità-cambiamento. Il Covid ha creato difficoltà, ma anche un frattura tra il passato e il presente. Ha scompaginato tutto, a partire proprio dalle priorità amministrative. E la prima sfida è sulla sanità, dove l’approccio non più essere quello pre pandemia. Oggi non si può mettere in campo una politica sanitaria a prescindere da tutta una serie di aspetti che prima erano di pura competenza del sociale. Ed è qui, nel dialogo tra i due comparti, che un sindaco e un’amministrazione possono avere un ruolo decisivo. Non lo dico io, ma il Pnrr. Basta andare a vedere le linee governative e osservare le aree alle quali sono stati destinati i fondi. Che ricadranno sulle città, e quindi anche a Busto».

Il Covid ha cambiato le carte in tavola, non c’è dubbio. Ma qua si rischia un’overdose pandemica. Insomma, nel continuare a parlare di progetti legati al Covid, non si rischia di svuotare le proposte di autorevolezza? 
«Io continuo a pensare che quella sarà una sfida decisiva per la prossima amministrazione. Vero è che Busto è una grande città. Che deve guardare oltre i suoi confini e riconquistare un ruolo importante per il territorio».

Scusi, saremo mica di nuovo tornati a “Busto capoluogo di provincia dell’Altomilanese”?
«Ma no! Guardiamo alla realtà e a come le distanze, oggi, si siano molto ridotte rispetto a qualche anno fa. Mi riferisco a Milano: la metropoli è molto più vicina e il rischio è che, da qui a qualche anno, inglobi il nostro territorio. La città metropolitana arriva a due passi da noi. Davanti a questo Busto non può rimanere passiva ma deve aprire link di dialogo e confronto. Chiudersi non ha più alcun senso. E qui torniamo al nostro progetto politico, che ha collegamenti con Milano, a differenza di quello varesino».