Mercato del lavoro in ripresa post Covid nel Milanese. Ma solo per gli uomini

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MILANO – Si allarga la differenza di genere nel mercato del lavoro della città metropolitana di Milano. Il quadro che emerge dai dati 2022 dell’indagine realizzata dall’Osservatorio del mercato del lavoro dell’ente di area vasta (sulla base dei dati Istat e del registro degli avviamenti al lavoro dipendente) è in chiaroscuro: se da una parte dopo la pandemia, si registra un calo della disoccupazione, dall’altra questo dato confortante riguarda solo gli uomini.

Disoccupazione in aumento per le donne

I dati confermano una doppia tendenza rispetto alla disoccupazione nell’area metropolitana: in discesa, rispetto al 2021, per gli uomini, ma in aumento (dopo la frenata del 2020) per le donne. Nel 2022 la forbice tra uomini e donne disoccupati in cerca di lavoro ha raddoppiato la propria ampiezza: il “gender gap” è passato da uno a due punti percentuali. Evidente il rapido innalzarsi del tasso di disoccupazione in concomitanza dei lockdown, quindi la sua ridiscesa. L’impennata scorre su binari paralleli per tutti, mentre poi, con il boom della ripresa post Covid, il gender gap si divarica notevolmente. Trend confermato dai numeri: nel 2022 la disoccupazione maschile ha toccato un minimo storico (37.000 persone), mentre nello stesso anno quella femminile, che era molto diminuita nel 2020 rispetto al biennio precedente, è pressoché tornata ai livelli pre Covid (48.000).

Nell’analisi dei tassi occupazionali, il trend è sostanzialmente parallelo per i due generi, ma sempre migliore per gli uomini che nel 2022, rispetto al 2021, hanno recuperato 23.000 lavoratori retribuiti, mentre le lavoratrici in più sono state solo 11.000.

Il disagio occupazionale

I dati Istat riferiti al quadriennio 2019-2022 fotografano un “disagio occupazionale” (somma algebrica degli indici di minor occupazione e maggiore disoccupazione) in riduzione sia per i lavoratori che per le lavoratrici. Anche qui il miglioramento vale più per i primi che per le seconde, anche se queste ultime partivano da uno svantaggio più grande. Va ricordato che nel 2018 ante pandemia il rapporto tra i due generi era assolutamente equilibrato, mentre nel 2019 si era addirittura invertito a favore delle donne.

Il fenomeno della segregazione di genere

Dal registro degli avviamenti al lavoro dipendente, l’Osservatorio del mercato del lavoro della città metropolitana di Milano trae alcuni interessanti spunti sul fenomeno della segregazione orizzontale e verticale, cioè diversa distribuzione di donne e uomini nei vari settori produttivi e per ruolo e livello gerarchico. I settori dove le lavoratrici sono predominanti restano quelli della cura e dell’accudimento domestico (badanti e colf all’80,3%), quello sanitario (infermiere e Oss al 75,2%) e l’istruzione (71,6%). La parità tra i due generi si stabilisce nelle attività professionali (ormai con una lieve prevalenza delle donne) o finanziarie, mentre restano prettamente maschili manifattura, trasporti ed edilizia.

Per quanto riguarda le qualifiche professionali per cui si rileva una significativa concentrazione per genere, le donne sono più presenti in ufficio (57,7%), nel commercio e nei servizi (57,4%) laddove è utile una competenza qualificata; dominano anche nelle cosiddette professioni intellettuali (52,8%). Più uomini, invece, nelle professioni tecniche, dove le donne sono solo il 38,6% e anche nei ruoli di alta dirigenza, che solo per il 32,1% sono affidati a manager di sesso femminile. Gli uomini sono decisamente più numerosi nelle professioni non qualificate (63%) e nella manifattura specializzata (78,8%).

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