‘Ndrangheta a Lonate, condanne confermate: 14 anni a Casoppero

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MILANOKrimisa bis: confermate tutte le condanne. I giudici milanesi oggi, lunedì 13 settembre, hanno ricalcato le decisioni prese dal collegio del tribunale di Busto Arsizio presieduto da Rossella Ferrazzi il 25 settembre dell’anno scorso condannando anche in secondo grado a 14 anni di carcere Cataldo Casoppero, il solo tra gli imputati ad essere accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, a sette anni Antonio De Novara, a 2 anni e 6 mesi a Sandra Merte e altrettanti a Giandomenico Santoro. Il solo ad ottenere una piccola “limatura” della condanna di primo grado è stato Cristoforo De Novara (fratello di Antonio) che accusato di tre incendi dolosi: si è visto assolvere per uno dei roghi con sconto di pena di sei mesi. La condanna in Appello per lui scende a 7 anni e sei mesi.

L’inchiesta Krimisa

L’inchiesta Krimisa, coordinata dalla Dda di Milano, aveva portato a uno tsunami di arresti nel luglio 2019 tra Lonate, Ferno e Legnano. Nel mirino degli inquirenti è finita, ancora una volta, la locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate guidata, stando alle risultanze di indagine, dal boss Vincenzo Rispoli. In manette era finito anche il consigliere comunale di Ferno in quota Fratelli d’Italia Enzo Misiano. Il politico fernese, così come lo stesso Rispoli e la maggior parte degli indagati, è stato processato con rito abbreviato a Milano ed è stato condannato a 8 anni e 8 mesi in primo grado. Gli odierni imputati, al contrario, avevano deciso di affrontare il dibattimento: il processo in primo grado è stato quindi celebrato a Busto Arsizio. Nell’occasione il collegio bustocco aveva rinviato gli atti alla Dda per falsa testimonianza a carico di nove testi ascoltati in aula.

La posizione di Casoppero

Sulla posizione di Casoppero interviene il difensore, l’avvocato Alberto Arrigoni, che precisa che viene contestato al proprio assistito la partecipazione all’ associazione sul presupposto di essere a disposizione della locale. «Una recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha però precisato non essere sufficiente la qualifica di soggetto a disposizione della cosca per integrare il reato di partecipazione ma che occorra un contributo causale che non è stato dimostrato – continua Arrigoni –  Tra l’ altro il pentito Emanuele De Castro ha affermato che Casoppero non fosse affiliato all’ ndrangheta. Per tali motivi riteniamo di dover sottoporre la questione alla Corte di Cassazione, non appena sarà pubblicata la motivazione della sentenza».