‘Ndrangheta a Milano, i re delle estorsioni erano varesotti. Di Dairago il mago della truffa

VARESE – I professionisti delle estorsioni e il mago delle truffe alle agenzie interinali. Ancora una volta l’operazione contro gli affari della ‘ndrangheta in Lombardia condotta dalla Dda di Milano che ieri, lunedì 15 aprile, ha portato all’esecuzione di 14 misure di custodia cautelare, coinvolge il Varesotto e l’Alto Milanese.

I professionisti dell’estorsione

Nel mirino della cosca capeggiata da Salvatore Giacobbe e dai figli Vincenzo e Angelino, del clan di Gioia Tauro, non c’erano solo i locali della Movida milanese. Le estorsioni, ad esempio, erano un ramo piuttosto fruttifero dell’attività di famiglia. E, in quest’ambito, “lavoravano” Livio Pintus, di Brunello, “battezzato” e quindi affiliato alla cosca di ‘ndrangheta, e il saronnese Roberto Cagliani.

Il carrozziere e la protezione del clan

Lo sa bene il comproprietario di una carrozzeria con sede nell’Alto Varesotto che a Giacobbe, che conosceva da tempo, si era rivolto per dirimere una questione con il socio, proprietario del 51% della società, e per convincere un cliente insoddisfatto che il lavoro eseguito era perfetto.

5mila euro e l’attività lavorativa

Il “recupero crediti” in questione vede Pintus agire in prima persona (in concorso con altri) per “convincere” a suon di minacce il socio a far calare sensibilmente il valore d’acquisto della propria quota societaria in modo che il co-titolare potesse acquistarla agevolmente. Ma la protezione chiesta a un’organizzazione mafiosa ha un prezzo. Per il carrozziere, nel caso specifico, Giacobbe avrebbe estorto al carrozziere, sempre facendolo minacciare, 5mila euro attraverso ricariche su una prepagata, ma anche di ottenere il controllo effettivo della carrozzeria, imponendo la riparazione gratuita delle auto del sodalizio e l’uso delle risorse della carrozzeria a beneficio del suo gruppo criminale.  Il carrozziere avrebbe continuato a pagare dal 2019 sino al 2023 nonostante le difficoltà economico assoggettandosi completamente al clan.

Le truffe alle agenzie interinali

Alessandro Solano, dairaghese, (sempre in concorso con altri) avrebbe invece messo a segno una serie di truffe ai danni di due diverse agenzie interinali. Il “sistema” era semplice ma efficace. Il sodalizio faceva credere alle agenzie di rappresentare aziende molto solide e soprattutto bisognose di manodopera. I lavoratori coinvolti venivano selezionati dal clan. I contratti erano di 90 giorni, tre mesi durante i quali le aziende (praticamente scatole vuote) non producevano nulla mentre i lavoratori a termine non lavoravano. Alle agenzie interinali, però, veniva presentate pezze giustificative di trasferte e grandi fatiche e le agenzie interinali pagavano di conseguenza gli stipendi. Stipendi che venivano poi retrocessi al clan Giacobbe che a quel punto spariva senza versare il dovuto all’agenzia interinale presa di mira.

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