Che fine farà la plastica? Inchiesta e docufilm di Confartigianato Varese

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Anna Andriolo, una degli imprenditori intervistati nel docufilm sulla plastica realizzato da Confartigianato Varese

VARESE – Più di novemila dipendenti (9.452) per un totale di 429 aziende, 119 in meno rispetto a dieci anni fa. Sono i numeri del settore della plastica in provincia di Varese fotografati dal Centro Studi di Confartigianato Lombardia, dai quali emerge una forte polarizzazione delle attività attive in questo comparto sul territorio. Un fenomeno sul quale Confartigianato Varese ha voluto indagare, attraverso una lunga inchiesta e un docufilm della durata di 36 minuti.

La plastica non scomparirà

Per approfondire i cambiamenti del settore Confartigianato Varese ha incontrato esperti della materia (docenti universitari), imprenditori piccoli, medi e grandi (la filiera) e figure professionali che a vario titolo interagiscono con la plastica. Il tutto per comprendere, anche toccandolo con mano, quali processi sono in corso per arrivare a un allineamento con i sempre più frequenti dettami normativi e con le richieste (sempre più sostenibili) provenienti del mercato. «Si è trattato di un lavoro durato più di cinque mesi, che ci ha portato a girare l’intera provincia e non solo quella e ci ha condotti ad alcune considerazioni strategiche per sostenere le nostre imprese del settore plastica – commenta il direttore generale di Confartigianato Imprese Varese Mauro Colombo – in primo luogo occorre sottolineare che nessuno, dagli esperti agli imprenditori, pensa che la plastica sia destinata a scomparire. Questo non significa che non sarà sottoposta a cambiamenti sempre più frequenti ed economicamente anche importanti, rendendo più concorrenziale operare in questo settore».

Numeri in calo

La riflessione di Colombo matura dalle analisi di un docufilm di trentasei minuti (nel video qui sotto), che dà voce a dieci imprese, due docenti universitari e un centro per la prototipazione con l’impiego di granuli di plastica: Faberlab powered by Arburg. Parallelamente al “lavoro sul campo”, gli esperti di Confartigianato Varese e Artser hanno circoscritto il parametro del tessuto imprenditoriale riconducibile al comparto, hanno analizzato normative e certificazioni che ne sono ormai parte integrante e hanno messo a punto azioni di sostegno per accompagnare soprattutto i piccoli e medi imprenditori nel cambiamento. In provincia di Varese sono attive il 15,5% delle aziende plastiche che operano in tutta la regione (2.764) e il 7% di quelle di tutta la penisola (6.164). Nel corso degli ultimi 10 anni la perdita di 119 realtà produttive è stata pari a un calo in termini percentuale del -21,7%, superiore al -17,3% rilevato a livello regionale e al -18,7% calcolato a livello nazionale. In dieci anni sul fronte occupazionale si sono persi 474 occupati (2012-2021). Un contraccolpo c’è dunque già stato, anche se forse non è riconducibile alla sola transizione ecologica: sta di fatto che nei prossimi anni sempre di più andranno diversificati i materiali e le tecnologie in uso, spesso non ancora sufficientemente sperimentate. E sarà necessario portare nelle aziende figure professionali con le competenze necessarie ad affrontare il cambiamento affinché, soprattutto le piccole e medie imprese, non rimangano le Cenerentole della conoscenza. Anche per evitare questo rischio è stata realizzata una guida che Confartigianato Varese e Artser distribuiranno alle imprese del settore in formato digitale.


Le sfide del futuro

Dice nel docufilm il professor Roberto Frassine, docente di Scienza e tecnologie della plastica al Politecnico di Milano: «Il passaggio andrà fatto attraverso l’uso di materie vegetali e bioplastiche – per esempio il PLA (acido polilattico), che è biodegradabile e compostabile o le similplastiche ottenute da legno e umido – e un adattamento alle nuove necessità dei consumatori che, però, non deve cadere in un greenwashing sbrigativo». Il rischio, difatti, per molti imprenditori intervistati nel docufilm è questo: il greenwashing potrà tamponare il problema, ma certamente non lo risolverà. Ma c’è anche un altro elemento di non poco conto: le plastiche riciclate sono talvolta difficili da reperire dalle piccole imprese, perché ancora non sufficienti per rispondere alla portata delle richieste e talvolta anche perché costose. Sono queste le riflessioni che emergono dal documento video, che verrà trasmesso anche all’Ufficio scolastico provinciale, al fine di mostrare ai giovani quali direzioni imboccare per entrare con le competenze più efficaci nel mondo del lavoro. Ma, è la domanda che si è posta Confartigianato al termine di un percorso mai tanto articolato (nel quale alle piccole aziende sono state affiancate le grandi, delle quali sono spesso fornitrici), come affrontare questo momento strategico? Con risorse economiche adeguate e competenze, da costruire anche con appositi centri formativi. Un Its specializzato nel settore plastico, per esempio. Le risorse, invece, devono arrivare da un sistema bancario che dovrà comprendere gli sforzi delle piccole aziende e da un piano industriale nazionale che sia in grado di ricalcare, omettendone le imperfezioni, i principi di Impresa 4.0, concentrandolo sulla crescita sostenibile delle nostre imprese plastiche: si tratta di passi da compiere ora. Dal canto loro, è la considerazione di Confartigianato, è bene che le aziende colgano l’importanza di mappare la propria situazione interna ma anche quella della filiera di appartenenza, perché è da lì che arrivano i segnali sulla direzione da intraprendere.

I rischi

«Rischi occupazionali? Se non ci muoviamo rapidamente, in sinergia, e con la massima attenzione ai reali bisogni degli imprenditori, il rischio di perdere un know how che ci appartiene, potrebbe esserci» conferma Mauro Colombo. Anche perché alcune attività, come la produzione di packaging, potrebbero contrarsi molto molto sensibilmente, e le attività produttive che se ne occupano dovranno riconvertirsi in tempi rapidi. Un aiuto rilevante potrebbe arrivare dalla filiera, con le grandi aziende pronte a sostenere i fornitori che manifestano l’intenzione di assecondare i processi di cambiamento, come emerge con chiarezza dal docufilm. Qualificare i fornitori basandosi sulla sostenibilità, l’organizzazione aziendale, la garanzia di continuità e l’integrazione tra i produttori di materie plastiche e terzisti che collaborano con l’impresa, è una delle riflessioni che emerge dal filmato, in cui un grosso imprenditore esplicita: l’obiettivo è una produzione di alta qualità, motivo per cui è stato integrato il sistema di qualità ai terzisti.

L’impronta ambientale

Ma non basta: per la transizione ecologica occorre essere strutturati per provare la conformità dei prodotti. Non essere in linea con la sostenibilità potrebbe significare perdere clienti ma anche perdere i talenti, è un’altra delle riflessioni operative che emerge dal lungometraggio da parte di una azienda di spessore, che allunga la mano ai propri piccoli fornitori. «L’impronta ambientale complessiva della plastica è in decisivo calo, segno che azioni sono in corso in termini di utilizzo di materiali ecosostenibili. Migliorano, al contempo, anche i processi produttivi – rileva Jacopo Brioschi, coordinatore area innovazione e sviluppo di Artser – ad oggi i problemi della plastica sono due: l’impatto ambientale della produzione del vergine e il fine vita della plastica dopo il suo utilizzo. Su questa ultima partita, fino a qualche anno fa la questione era strettamente pubblica mentre da qualche anno riguarda anche i produttori, e questo ha portato a un cambio di marcia. Penso al Pet, utilizzato per contenitori alimentari: la situazione è cambiata quando i produttori hanno creato un consorzio che raccoglie questo tipologie di plastiche, generando la possibilità di avere materiale molto più tracciato e destinabile ad applicazioni più corrette e tracciabili».

Le conclusioni

Brioschi, a dimostrazione che non tutto quel che appare è di facile applicazione, ricorda tuttavia che «la plastica riciclata ha spesso caratteristiche diverse dal polimero vergine» e questo non la rende impiegabile, ad oggi, in tutti i settori. «Ma tutti abbiamo imparato ad essere più rispettosi al riuso e al riciclo e questo è un fattore importante» Capitolo certificazioni, sempre più richieste dalle grandi aziende e dal mercato: «Anche le Pmi devono imboccare questa direzione, perché tra qualche tempo non se ne potrà più fare a meno – fa sapere Brioschi – Eucertplast fa parte di quella famiglia di certificazioni legate al prodotto ma resta ad oggi un tema di armonizzazione delle normative perché talune, proprio come Eucertplast, sono riconosciute in Germania e nel Nord Europa, ma non globalmente, eppure è fondamentale perché traccia non solo la quantità di riciclato nel finito ma anche l’origine della plastica riciclata». Brioschi rimarca inoltre che «le tecnologie sono un elemento essenziale per portare questo settore nella nuova dimensione della sostenibilità». Artser è in grado di supportare dal punto di vista del cambiamento, delle certificazioni, del prodotto e delle emissioni dell’azienda nel suo complesso. In conclusione, prova a tirare le fila Colombo, «continueremo a monitorare con tutta la nostra struttura e con attenzione questo settore, con un occhio attento alla filiera e ai centri di ricerca che, auspicabilmente, dovranno portare anche alle piccole aziende la tecnologia, i materiali e i sistemi organizzativi indispensabili per non uscire dal mercato e dalla supply chain». «Gli imprenditori dal canto loro dovranno fare la loro parte con grande attenzione, senza passi avventati ma con un processo di riconversione chiaro e strutturato».

Il docufilm

I protagonisti: Alba-Plast Di Adamoli P. e Lucca P. Snc (Emanuele Adamoli) / Andriolo Srl (Anna Andriolo) / Nupi Industrie Italiane Spa (Marco Genoni) / Color Plast Srl (Gian Luca Ranzato)/ Costruzioni meccaniche Luigi Bandera Spa (Michele Bandera) / LATI Industria Termoplastici Spa (Michela Conterno) / Omnia Plastica Srl (Luca Catellanza) / Plastì Srl (Davide Zucchelli) / Tecnoblow 95 Srl (Roberto Casella) / Faberlab Powered by Arburg (Ilaria Restelli) / Tullio Tollio (Settore Scientifico Disciplinare Tecnologie e Sistemi di lavorazione del Dipartimento di Meccanica al Politecnico di Milano) / Roberto Frassine (Scienza e Tecnologie della Plastica al Politecnico di Milano) / Roberto Carullo (artista di pop-art).

Si tratta di imprese che vanno dagli oltre trecento (Nupi) fino ai 15-20 dipendenti delle aziende di medio-piccole dimensioni ai quali si aggiungono un artista che lavora con la plastica, due docenti universitari del Politecnico e Faberlab powered by Arburg, che si occupa di prototipazione con macchine Arburg che lavorano con granuli di plastica.

A cura di: Sara Bartolini, Simona Caldirola, Davide Ielmini

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