Rho: teste di animali per minacciare, la “legge della’ndrangheta”

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RHO – Erano impegnati a prendere il controllo sul territorio fra Rho e Pero, con la “legge dell’ndrangheta”, imposta dal boss Gaetano Bandiera. É quanto emerge dalle indagini della Squadra Mobile di Milano, coordinate dalla Dda di Milano, sulla locale di Rho, che ieri, 22 novembre, hanno portato all’arresto di 49 presunti sodali al clan. Intercettato mentre parla con un collaboratore, Bandiera si é espresso in tutto il suo potere, nonostante fosse in carcere ad Opera, mentre parla di un “infame” che “non paga i debiti” e verso il quale avrebbe dovuto essere predisposto un atto intimidario, che puntualmente si sarebbe concretizzato con l’invio di una testa di maiale. Non era la prima volta, secondo le indagini, perché ad un altro “traditore” del clan, al quale era stata recapitata una testa di capretto, per mano del figlio di Bandiera, suo braccio destro, nel 2020. “La prossima testa è di vostro figlio”, il messaggio allegato al “regalo”.

La “boss” più spietata degli uomini

Dura e con desiderio di predominare, “spietata più di un uomo”. Così il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti ha definito una delle donne “vertice” del clan, cinque in totale tra gli arrestati, di cui una é stata identificata quale promotore e capo dell’associazione mafiosa, collaboratrice diretta del figlio del boss. Secondo i pm é la prima volta che in Lombardia ruoli operativi e organizzativi vengono affidati a una donna (cosa invece già consueta nella Camorra da anni).

La rivalità tra padre e figlio

Nonostante gli facesse da presunto sostituto, Gaetano Bandiera, arrestato nella maxi inchiesta “Infinito” del 2010, avrebbe ribadito più volte che “mio figlio non comanda”, perché “ancora c’è il padre! Ancora il padre non è morto!”. Nell’universo di malaffare dei Bandiera, la Polizia ha individuato una palazzina a Lainate, un bar a Vanzago, un pub a Pero, un paninaro “mobile”, anche se ufficialmente intestati ad altri, erano in realtà dei Bandiera, come ha rivelato al telefono il figlio del boss. “É intestato a un mio prestanome, perché io non posso avere niente intestato”, ha detto candidamente Christian Bandiera al telefono. Il clan, secondo la nuova inchiesta, lavorava per accaparrarsi il predominio sul traffico di sostanze stupefacenti, oltre a non lesinare estorsioni per le quali agivano con ogni mezzo per minacciare e intimidire.

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