Scuole cattoliche, quando la politica non risponde

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Luigi Patrini

di Luigi Patrini

Chi ha paura della libertà di educazione? A volte me lo chiedo e resto turbato: se c’è un Paese in cui si può fare quello che si vuole è proprio il nostro. C’è una sorta di “tacito accordo”: ognuno faccia quel che vuole, purché non chieda soldi pubblici (questi li può chiedere solo chi ha qualche “santo” in paradiso!) e non lo sbandieri, come – invece – si dovrebbe poter fare legittimamente per un “vero” diritto.

Mi piace ricordare la bella definizione di “diritto” formulata da Antonio Rosmini, per me il maggior filosofo europeo dell’800: il diritto – egli scrive – è “la facoltà di operare ciò che piace, protetta dalla legge morale, che ne ingiunge ad altri il rispetto”. Magnifica definizione, molto adatta per definire il diritto fondamentale della persona, il diritto alla libertà di educazione; un diritto che, però, in Italia non è rispettato fino in fondo, nonostante lo proclami la stessa Costituzione e, da quasi vent’anni, sia in vigore la legge 62/2000, che recita “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione”.

Tutti fanno quel che vogliono; ai cattolici però è riconosciuto solo teoricamente il diritto alla libertà di educazione, perché, se vogliono realmente godere di questa libertà – essendo trattati da cittadini di “serie B” – se la devono pagare due volte: la prima volta pagando le tasse allo Stato, la seconda pagandosi le rette richieste da scuole che – pur poste teoricamente sullo stesso piano di quelle di proprietà statale dalla legge 62/2000 – non ricevono alcun significativo contributo dallo Stato, pur essendo costrette ad adeguarsi rigorosamente a quelle normative ( ad esempio – di sicurezza), alle quali neppure le scuole statali riescono sempre ad adeguarsi.

L’ingiustizia è palese e conclamata. Finalmente – da qualche anno – il mondo cattolico si sta svegliando e comincia a ribellarsi a questo stato di cose. Recentemente la presidente del Senato senatrice Elisabetta Casellati, ha ospitato un convegno promosso da Usmi e Cism (con il patrocinio del Senato e della Cei), che rappresentano molte congregazioni religiose con un forte carisma educativo e sono promotrici di scuole cattoliche. Il presidente della Cei Gualtiero Bassetti è stato molto chiaro ed esplicito: “non siamo qui – ha detto – per chiedere privilegi o scorciatoie, e neppure per sottrarci dai controlli doverosi, ma intendiamo tornare a chiedere per i genitori la piena libertà di scelta in campo educativo, che la legge 62/2000 non ha ancora risolto”.

Purtroppo su tale questione c’è il grave pregiudizio ideologico che esalta la supposta “neutralità” della scuola statale, contrabbandando questa caratteristica (per altro tutta da verificare) come elemento essenziale per un’educazione libera. Al convegno è intervenuta anche suor Monia Alfieri, autrice di una dettagliata e battagliera “Lettera ai politici sulla libertà di scuola” editata da Rubbettino qualche mese fa, molto decisa a sostenere il diritto dei genitori a scegliere la scuola per i figli: “Ancora una volta l’ideologia stravolge le richieste. Alla Uil chiedo un atto di coerenza: dichiari che è contraria ai dettami costituzionali della libertà educativa dei genitori piuttosto che trincerarsi dietro slogan stucchevoli”. Per Elisabetta Casellati, seconda carica dello Stato, “il diritto all’istruzione” da un lato “realizza il diritto fondamentale di libertà, dignità e autonomia del singolo individuo” e dall’altro “pone in essere le migliori condizioni perché ciascuno di noi contribuisca alla costruzione di una cittadinanza responsabile”.

Le scuole libere –paritarie e non dipendenti dallo Stato – fanno risparmiare allo Stato almeno 7 miliardi di euro all’anno. La soluzione – spiega suor Monia Alfieri del Consiglio nazionale della scuola cattolica – “è rappresentata dall’introduzione del costo standard di sostenibilità, che coinvolga l’intero sistema scolastico e riconosca ogni singolo alunno titolare di un buono, garantendo davvero la libertà di scelta dei genitori”. Basta dunque con i pregiudizi ideologici: “Forse è giunto il tempo di sedersi attorno a un tavolo per dare piena attuazione alla legge 62” ha osservato il presidente della Cei rivolgendosi al ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti.

La scuola cattolica e le sue realtà associative “sono pronte” e i cattolici italiani aspettano risposte dalla politica per risolvere la questione. A parlare deve essere ora il mondo politico, se vuol davvero dimostrare che non teme di riconoscere il diritto ad una vera libertà di educazione per i cittadini del nostro Paese.

Patrini scuole libertà educazione – MALPENSA24