Il centrodestra unito (non) vince

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La querelle tutta interna a Fratelli d’Italia sull’opportunità o no delle primarie per la scelta del candidato sindaco del centrodestra a Gallarate rivela quale sia lo stato confusionale della politica a cinque mesi dalle urne. Da una parte la locale sezione dei meloniani, dall’altra la segreteria provinciale che la smentisce platealmente ritenendo chiusa la partita: il candidato sarà il leghista Andrea Cassani. Punto. Sì, punto, perché la partita gallaratese incrocia quella di Busto Arsizio, dove Fratelli d’Italia ricandida Emanuele Antonelli. Per dirla in un altro modo: se “salta” Gallarate, esplode anche Busto. Ragion per cui: pochi grilli per la testa, gli equilibri (e le cadreghe) vanno salvaguardati.

Anche per un’altra ragione, sottolineata da Matteo Bianchi, parlamentare del Carroccio, già segretario provinciale del suo partito per quasi nove anni, che a Malpensa24 ribadisce l’urgenza dell’unità del centrodestra: divisi si perde, uniti si vince. Che sia ancora così è vero soltanto in parte, come dimostrato a Saronno e Legnano. Per una serie di ragioni che partono dalle tensioni interne e dalle aspettative dei partiti. A Gallarate, Fratelli d’Italia prova a sgambettare Cassani, a Busto Arsizio è la Lega intenzionata a proporre un suo candidato al posto di Antonelli. Difficile convergere sui due sindaci uscenti senza contraccolpi e mal di pancia destinati a riflettersi sull’esito del voto. Senza dimenticare la battaglia identitaria di Forza Italia, pronta alla corsa solitaria se non fosse accolta la sua richiesta di avere un suo “sindaco” in gara in una delle tre città più importanti della provincia. Se mai dovesse tornare sui propri passi per “ordini superiori” con quale spirito i berlusconiani locali darebbero il proprio contributo per far vincere la coalizione?

Detto questo, vanno considerati i rimandi romani. Proprio Fratelli d’Italia e Lega non si amano più come una volta. I primi volano nei sondaggi, i leghisti sono al governo, però cercano in qualche modo di riproporre nel contempo la cifra di lotta. Con uno scopo: limitare i consensi in uscita a favore di Giorgia Meloni. Un braccio di ferro nemmeno tanto sotterraneo, che rischia di inficiare anche in periferia l’unità invocata da Matteo Bianchi.

In ultima analisi, fanno capolino sulla scena politica locale una serie di liste e listarelle con alte ambizioni, che dreneranno voti dai partiti maggiori, costringendoli a dannarsi l’anima per mantenere livelli vincenti. Con l’aggravante, per alcuni dei partiti di cui si diceva, di una possibile quanto probabile perdita di consensi soprattutto in Lombardia, alcuni di essi destinati a pagare pegno, al di là delle ragioni, dei torti e delle giustificazioni, alle vicende regionali attorno alla pandemia.

Insomma, che uniti si vinca resta da dimostrare. Fino a qualche tempo fa, nel Varesotto, persino Topo Gigio avrebbe potuto diventare primo cittadino “di destra” in una qualche città. I recenti tonfi elettorali del centrodestra a Luino, Somma Lombardo, Saronno e Legnano la dicono lunga sull’attuale condizione dello schieramento. Che una chance di successo però ce l’ha, ma per demerito degli avversari del centrosinistra, che in fatto di divisioni, liti interne e autolesionismi alle urne sono inarrivabili.

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