Preistoria a Varese, la vita quotidiana nelle palafitte ricostruita a Villa Mirabello

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VARESE – Al museo civico archeologico di Villa Mirabello è possibile immergersi, tra reperti, utensili e le riproduzioni delle abitazioni, nella vita quotidiana della preistoria con “La civiltà delle palafitte – L’Isolino Virginia e i laghi varesini tra 5600 e 900 a.C.”, mostra nata dalla collaborazione fra il Comune, proprietario dell’isola situata a pochi metri dalla riva di Biandronno, e la Soprintendenza all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese. L’esposizione non solo vuole proporre al pubblico le ultime conoscenze ottenute in ambito palafitticolo ma anche esporre i risultati delle ricerche condotte dagli anni Novanta fino a oggi: curata da Barbara Cermesoni e Daniela Locatelli, rimarrà aperta al pubblico fino al 4 settembre 2022.

Le caratteristiche del sito archeologico

L’Isolino Virginia, che si affaccia sul lago di Varese, è dal 1863 uno dei siti più famosi della preistoria europea ed è caratterizzato dalla peculiare forma triangolare di circa 9200 metri quadrati di superficie. A seguito dell’individuazione della palafitta di Bodio Centrale da parte di attenti studiosi come l’abate lecchese Antonio Stoppani, il naturalista svizzero Édouard Désor e l’archeologo francese Gabriel De Mortillet ebbe inizio un’intensa stagione di ricerche. Nel 1962 l’isola, il più antico insediamento palafitticolo dell’arco alpino, fu donata dal marchese Gianfelice Ponti al Comune di Varese; dal 27 giugno 2011 è patrimonio mondiale dell’Unesco. La peculiarità che rende unico questo sito è il legame tra storia e ambiente: fondendosi creano un equilibrio di profonda e irripetibile bellezza.

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Dalla sala immersiva al villaggio dell’età del Bronzo

La mostra si articola in sette sezioni: la prima consiste in una sala immersiva che illustra ai visitatori i cambiamenti che hanno caratterizzato l’ambiente dal Neolitico all’età del Bronzo dovuti alle naturali variazioni del clima ma anche all’azione dell’uomo che, attraverso l’agricoltura, cominciò a incidere sul territorio in modo sempre più evidente.

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La seconda fornisce un inquadramento cronologico del fenomeno delle palafitte, raccontando come dall’Ottocento a oggi siano cambiate le modalità di ricostruzione di questi edifici e quali siano i metodi più utilizzati per effettuare le datazioni.
La terza parte della mostra illustra al visitatore i modelli costruttivi, i ritrovamenti che aiutano l’archeologo nel suo intervento di recupero e gli strumenti che hanno permesso all’uomo la realizzazione delle abitazioni. Tra questi riveste particolare importanza l’ascia: realizzata dapprima in pietra verde, poi in rame e infine in bronzo, è l’utensile che ha reso possibile il taglio delle piante e la lavorazione del legno. Altri reperti raccontano la vita quotidiana nelle palafitte del territorio varesino.

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La quarta sezione presenta i siti palafitticoli italiani che sono stati inclusi nel sito seriale Unesco. Attraverso una lavagna interattiva il visitatore può selezionare i diversi luoghi che ne fanno parte e avere le informazioni principali a riguardo corredate di immagini e filmati: un invito a conoscere e visitare un patrimonio culturale inestimabile.
Nella quinta vengono illustrate le attività di sussistenza delle comunità che vissero nell’area di Varese; la sala 6 permette invece al visitatore di entrare in un villaggio dell’età del Bronzo e osservare le dimore degli uomini dell’epoca, la zona esterna all’abitato in cui veniva effettuata la fusione dei metalli e il punto sulla riva del lago dove venne offerta una spada a una divinità delle acque.

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Il ripostiglio della Malpensa e la cultura di Golasecca

Il percorso della mostra si conclude alla sala 7 dov’è esposto il “ripostiglio della Malpensa”, un insieme di materiali in bronzo eterogenei (schinieri, punte di lancia, falcetti, asce, elementi di ornamento) rinvenuto a Somma Lombardo. Deposito di un artigiano fonditore oppure offerta alle divinità, costituisce uno dei ritrovamenti più significativi dell’Italia settentrionale e comprende anche un elmo, finora conservato alla Soprintendenza e recentemente restaurato. Il visitatore può così ammirare per la prima volta il “ripostiglio” nella sua completezza: datato all’età del Bronzo finale, appartiene a un mondo che non è già più quello delle palafitte ma preannuncia per molti aspetti la nascita di uno nuovo, quello della cultura celtica di Golasecca.

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Varese, doposcuola al museo: i bambini delle primarie alla mostra sulle palafitte

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