Uomini e topi, violenza sulle donne: gli occhi bassi della non-cultura

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Settantatré. Il primo numero appare ancora più sconcertante se accanto ne aggiungiamo un altro: otto. Perché 73 sono i femminicidi registrati in Italia nel 2023; o meglio, visto che siamo a metà agosto, 73 sono i femminicidi registrati in Italia nei primi otto mesi di quest’anno. Amaramente viene da fare una considerazione terrificante: c’è ancora tempo.

Il credersi estranei

L’ultimo in ordine di tempo risale a ieri, domenica 13 agosto. Una Bolzano sotto shock ha così scoperto di non essere immune da certi “fenomeni”, così spesso viene definita la violenza di genere. La prova è lì, davanti agli occhi degli inquirenti c’è infatti il corpo massacrato a coltellate di Celine Frei Matzohl, 21 anni, assassinata dall’ex Omer Cin, 28 anni. Anche lui, come tanti altri, le ha teso una trappola con la scusa di un ultimo appuntamento. E ancora a Rovereto Nwekw Chukwuka, 37enne di origini nigeriane, ha ucciso lo scorso 7 agosto, Iris Setti, 61 anni. Aggredita, questa volta, a scopo di rapina e picchiata brutalmente sino alla morte. Ancora un brevissimo passo indietro nel tempo. E’ il 31 luglio quando Zakaria Atqaoui si nasconde nell’armadio della camera da letto della ex Sofia Castelli, aspetta che la ragazza appena 23enne si addormenti, per poi ucciderla nel sonno con cinque fendenti alla gola. Atqaoui si è poi cambiato andando a costituirsi. E c’è da giurare che i primi due, Cin e Atqaoui, in sede processuale (il secondo è addirittura reo confesso) negheranno di aver premeditato il tutto. Si parlerà di momento di turbamento, incapacità mentale al momento del fatto, ogni argomento sarà lecito per schivare quanto meno il fine pena mai.

Uomini e topi

Il rito della non assunzione della responsabilità per un fatto enorme come quello di aver tolto la vita a una persona si celebrerà ancora e ancora. Tutti “grossi” questi uomini quando brandiscono un coltello, quando si accaniscono su una 23enne addormentata o su un scricciolo di donna che è la metà di loro. Tutti furbi quando tendono una trappola nella quale sanno che la vittima molto probabilmente cadrà. Perché il tallone d’Achille qui si chiama fiducia. Risulta infatti impossibile ai più credere che qualcuno che hai amato, che ti ha detto di amarti, anche se ha poi reso tossica una relazione, possa arrivare e farti del male. Uomini grossi che si trasformano in piccoli ratti quando varcano la soglia di un’aula di tribunale. Lo sguardo cambia, si smarrisce, la testa è chinata, non guardano i famigliari delle vittime. Di regola negano o si pentono chiedendo perdono. “Perdono per una cosa imperdonabile, non cosa sia accaduto, non so perché l’ho fatto“. Qualcuno si lasca persino andare all’emozione in un’empatia travolgente che alle vittime viene però negata.

Gli occhi bassi della non-cultura

E come sempre si punterà il dito: sono gli stranieri. Sono gli straccioni. Il disagio, la droga, l’alcol. Qualunque cosa sia lontana da noi. E invece siamo noi. Perché i dati indicano che il “fenomeno” della violenza di genere appartiene a italiani e stranieri, ricchi e poveri, ubriachi e sobri, tossicodipendenti e salutisti. Le stesse statistiche indicano che nella quasi totalità dei casi la violenza è domestica; l’uomo di casa si trasforma in aguzzino. E tutti a dire: impossibile, mai vita altrui, un litigio, nessuno se lo sarebbe aspettato. E magari poi saltano fuori codici rossi, denunce per stalking, confidenze alle amiche sugli abusi subiti. Ma certo l’omicidio no, nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Certo che è impossibile da immaginare in un Paese così emancipato, così culturalmente pronto alla parità e al rispetto delle donne e più in generale della vita altrui, da ritrovarsi a sghignazzare (nel segreto delle stanze che in pubblico non è politicamente corretto) davanti ai social che mostrano un uomo che umilia la compagna alla presenza di amici e famigliari durante la festa di compleanno di lei. Quella lettera declamata a bordo piscina, scritta per paura di scordare qualche passaggio velenoso che, si sa, le parole sono importanti, destinata a sollevare reazioni certamente non imprevedibili da parte dell’autore. Come si diceva, appunto, è un fatto di cultura. O di non-cultura se vogliamo dirla tutta.

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