VISTO&RIVISTO Dichiarazione d’amore per una famiglia e per il cinema

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di Andrea Minchella

VISTO

THE FABELMANS, di Steven Spielberg (Stati Uniti, 151 min.).

Dove tutto ebbe inizio. “The Fabelmans” non è altro che la storia dell’infanzia e dell’adolescenza di Steven Spielberg e del ruolo terapeutico che ebbe il cinema per curare i suoi dolori e le sue delusioni. Qui si ripercorrono i momenti salienti del bambino, prima, e del ragazzo, poi, che diventerà il più grande regista di tutti i tempi.

Scritto a quattro mani con il suo collaboratore più stretto, fin dalla realizzazione di “Munich”, Tony Kushner, il film parla di una famiglia di ebrei che vive a Phoenix, proprio dove Spielberg e la sua famiglia visse per davvero. Sam, l’alter ego si Spielberg, vive coccolato e amato da una famiglia dove le femmine sono la maggioranza. Sam, infatti, oltre che dalla madre pianista e sua fondamentale figura di riferimento, è circondato da tre sorelle che, in modo diverso, riescono ad influenzare la sua metamorfosi creativa che, da adulto, lo renderà un visionario ed un narratore strepitoso.

Sam, che a sei anni è spaventato dal cinema, grazie alla visione artistica della madre Sammy, interpretata da una bravissima Michelle Williams, decide di guardare il suo primo film. “Il Più Grande Spettacolo del Mondo” di Cecil B. DeMille cambierà per sempre la vita del piccolo Sam. Da quel momento l’idea di poter realizzare un film aiuterà il piccolo Sam a superare il trauma della separazione dei genitori e il dramma di abbandonare le radici per un luogo nuovo e sconosciuto. L’obbligo “alla creatività” a cui Sam viene sottoposto diventa elemento salvifico per un bambino dalla sensibilità spiccata. Il patrimonio di emozioni ed immagini che vivono nella testa del piccolo Sam diventeranno presto benzina per piccoli film, all’inizio, e per le grandi produzioni, dopo, che trasformeranno definitivamente lo stile e la grammatica del cinema mondiale.

Spielberg negli anni si è guadagnato, non senza critiche, il ruolo del padre della fantasia declinata al cinema d’intrattenimento. Ma Spielberg, in realtà, si è rivelato come uno dei più grandi registi di tutti i tempi proprio per la profondità che riesce a raggiungere, qualsiasi storia decida di raccontarci. Che sia uno squalo, uno schiavo, un alieno o un cavallo, Spielberg comunque riesce a fornire al protagonista della sua narrazione un’umanità ed una sincerità che pochi sono stati in grado di fare. Le sue storie, che diventano fiabe, rimangono sempre affrancate alla realtà perché sono storie che si staccano dalla sua esperienza personale che qui in “The Fabelmans” diventa l’epicentro di tutta la vicenda.

Insomma questa pellicola diventa autobiografica perché Steven Spielberg non si risparmia e non rinuncia ad aprire la sua storia a tutto il mondo. Lo fa dedicando tutto il suo lavoro alla madre che è stata per lui una luce così come quella luce che, nella sala buia di tanti anni prima, si accese quando la pellicola cominciò a girare e lo schermo si colorò. Spielberg dedica la sua vita, che coincide con la sua filmografia, a tutte le donne della sua adolescenza, quindi anche alle preziose sorelle. Loro, insieme alla madre, gli hanno fornito la delicatezza e la profondità che ha saputo rielaborare nel raccontare le innumerevoli fiabe che negli anni ci ha donato.

La poesia di “The Fabelmans” è la poesia straripante che ha avvolto la vita di Steven Spielberg, anche nei momenti più difficili che hanno inevitabilmente segnato l’anima dell’uomo e dell’autore.

Un film silenzioso e intimo che sa avvolgere l’anima più nascosta di chi, come me, ha trovato nel cinema una preziosa destinazione dove medicare le proprie ferite.

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RIVISTO

NUOVO CINEMA PARADISO, di Giuseppe Tornatore (Italia- Francia, 173/155/123 min.).

Un racconto poetico senza precedenti. L’amore per la vita e per il cinema che diventano epica dell’umanità intera. Un algoritmo fiabesco che si mostra come esperienza personale ed intima di ogni spettatore che ha guardato “Nuovo Cinema Paradiso”.

Come la pellicola “cucita” dei baci cinematografici censurati, che commuove ogni volta che viene proiettata, anche la vita si trasforma in una carrellata di immagini uniche e travolgenti. Tornatore firma il suo capolavoro a trentadue anni di età. Lo fa anche grazie ad un gigantesco Philippe Noiret, ad un commovente Salvatore Cascio e alla musica onirica ed incantata di Ennio Morricone.

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