VISTO&RIVISTO Indiana Jones e l’ossessiva ricerca di dollari

minchella indiana jones

di Andrea Minchella

VISTO

INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO, di James Mangold (Indiana Jones and the Dial of Destiny, Stati Uniti 2023, 154 min.).

La corazzata Disney di nuovo in campo. Che avrebbe potuto realizzare un interessante, e molto più onesto, film sulla difficile e lunghissima fase di realizzazione di questo quinto capitolo delle vicende dell’archeologo piò famoso di Hollywood. Sì perché dopo il quasi disastroso “Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo” che seppur incassò parecchi milioni di dollari ricevette molte critiche negative sia sulla regia che sulla storia, sembrava che il futuro di Indiana Jones fosse a rischio. Quando la Lucasfilm, che deteneva i diritti sul personaggio creato da George Lucas, fu acquistata dalla gigantesca Disney, fu chiaro da subito che prima o poi avremmo rivisto sugli schermi Harrison Ford di nuovo nei panni dell’archeologo buffo e impavido che negli anni ottanta aveva stregato il mondo intero grazie alla magia creativa della coppia Lucas- Spielberg.

Proprio Steven Spielberg, dopo il passo falso, insidioso e incomprensibile dell’enigmatico “1941 Allarme ad Hollywood”, era riuscito a trovare nuovamente il tocco magico grazie all’amico George Lucas che lo voleva coinvolgere a tutti i costi nel suo nuovo ed avvincente progetto di Indiana Jones. E così nel 1981 il mondo vide per la prima volta sullo schermo Indiana Jones e se ne innamorò grazie alla regia di nuovo potente e inarrestabile dell’uomo che ci regalò “Lo Squalo”, “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo” e il meraviglioso “E.T. L’Extraterrestre”. Il sequel del 1984 e il terzo capitolo del 1989, in cui un algido Sean Connery vestiva i panni del padre di Indiana Jones, completarono una trilogia perfetta, equilibrata e ormai iconica.

Nel nuovo millennio la Paramount, che deteneva ancora i diritti di distribuzione della saga insieme alla Lucasfilm, decide di realizzare il quarto capitolo di Indiana Jones. Affida la regia ancora a Steven Spielberg e la sceneggiatura al bravissimo e fidato di Spielberg David Koepp. Viene inserito come elemento di assoluta novità il personaggio di Mutt Williams, interpretato da Shia LaBeouf, che sarebbe il figlio di Indiana Jones. Il film però anche a detta di Spielberg ebbe una fase di lavorazione lunga e difficoltosa creando non pochi dissensi tra il regista e la Paramount, e compromettendo la qualità del risultato finale.

Questo quinto episodio, dunque, perde la regia di Spielberg a favore del bravo James Mangold. La stesura della sceneggiatura ha visto diversi cambi in corso poiché si faticava a trovare una storia, e il suo sviluppo, che potesse soddisfare tutti i protagonisti presenti nella fase di pre-produzione. Queste difficoltà artistiche si riversano in un racconto a volte scontato e pieno di meccanismi artificiosi che vengono descritti per tenere assemblata una vicenda nata solo ed esclusivamente per incassare tanti soldi piuttosto che per fare sognare i vecchi, e i nuovi, appassionati dell’archeologo Jones. La sceneggiatura vede l’apporto prezioso di Koepp ma anche la presenza di più mani che rendono il filo narrativo fragile e diluito. Spielberg e Lucas rimangono come produttori esecutivi. Il cast oltre che lo scontato Harrison Ford, che per esigenze narrative viene in alcune sequenze ringiovanito grazie alla computer-graphic, vede la presenza del bravissimo Mads Mikkelsen, nei panni di uno scienziato ex nazista, e l’energica Phoebe Waller-Bridge che interpreta la figlioccia di Jones Helena Shaw, figlia di un amico e collega dell’archeologo.

I combattimenti su un treno in corsa, nella metropolitana in sella ad un cavallo e le sequenze adrenaliniche sono realizzate magistralmente, anche grazie ad un budget che sfiora i trecento milioni di dollari, ma la freschezza dei personaggi e delle avventure che vivono spariscono a favore di una gigantesca omogeneità di colori, suoni, personaggi e vicende che insieme compongono una pellicola in parte anestetizzante, in parte narcotizzante.

A Hollywood dovrebbero ricordarsi più spesso che 3 è il numero perfetto.

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RIVISTO

ADELE E L’ENIGMA DEL FARAONE, di Luc Besson (Les Aventures extraordinaires d’Adèle Blanc-Sec, Francia 2010, 107 min.).

Tratto dai fumetti di Jacques Tardi questo film di Luc Besson intrattiene e fa sorridere mettendo al centro delle vicende una giovane scrittrice e giornalista che si ritrova a intraprendere azioni eroiche e avventurose nell’Europa dei primi del novecento.

Tra mummie che tornano in vita, uova di dinosauro schiuse e nuove tecniche telepatiche, il film si sviluppa in maniera intelligente e fresca, dando la possibilità al poliedrico Besson di esplorare un genere e una storia spesso appannaggio del cinema americano, con risultati inaspettati e molto soddisfacenti.

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