VISTO&RIVISTO Non puoi lavare via il sangue del passato

minchella scorsese visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

KILLERS OF THE FLOWER MOON, di Martin Scorsese (Stati Uniti 2023, 206 min.).

Epico. Gigantesco. Mitografico e Iconografico. L’ottantenne Martin Scorsese realizza, dopo una gestazione lunga ed estenuante, un racconto sconcertante sulla natura ambigua e feroce della grandezza dell’America. Sangue e soldi sono gli elementi fondanti di una nazione che spesso deve fare i conti con le sue disuguagliane e con le sue contraddizioni. L’autoassoluzione che l’America cerca sempre di inserire nei suoi discorsi viene qui smontata e sminuzzata da una narrazione snervante che, grazie alla sceneggiatura del potente Eric Roth, diventa linfa preziosa di un lavoro maestoso che racchiude in sé tanti generi, stilistici e grammaticali, che confluiscono in un unico linguaggio tremendamente chiaro e sorprendentemente lucido.

Un film, “Killers of the Flower Moon” che non vuole giudicare ma che vuole restituire dignità ad un popolo massacrato, in nome dei soldi, da una popolazione prepotente, arrogante e con il mito della razza superiore. Martin Scorsese si limita a filmare una vicenda realmente accaduta cercando di insinuarsi tra le vite dei protagonisti ma rimanendo distante dagli uni e dagli altri per non alterare la già sottile e delicata sproporzione che c’è sempre stata tra gli americani e i nativi. Eric Roth scrive una sceneggiatura chiara e scorrevole che si incastra perfettamente con la notevole costruzione scenica di Scorsese e con lo sfondo musicale, quasi sempre presente, che scandisce in maniera litanica lo svolgersi degli eventi. Il tamburo che accompagna gran parte delle scene ci ricorda che quelli che racconta Scorsese sono fatti reali, sono persone reali. È un cuore che batte. È il loro cuore che batte. È il nostro cuore che batte.

Tutti i personaggi del film sembrano essere vittime di ingordigia e di egoismo. Alcuni soltanto, però, vengono massacrati dal petrolio e dal desiderio ossessivo, degli altri, di conquista di ogni ettaro di terra. Conquistatori e conquistati tuttavia si ritrovano nelle stesse case, in una convivenza apparentemente pacifica, ma piena di rancore e di desiderio di vendetta. Questo è l’elemento che interessa Martin Scorsese e su cui si poggia la pellicola. Il regista si sofferma sulle relazioni tra gli americani e i nativi. Tra Ernest, un Leonardo di Caprio sempre più Marlon Brando, e Molly, una granitica ma travolgente Lily Gladstone, che si illudono di poter stravolgere le regole del gioco, sporco e pericoloso, solo con la forza del loro amore. Mentre Ernest non comprende fino in fondo la spietata violenza di ogni azione che lo zio William, uno strepitoso Robert De Niro, compie nella comunità degli Osage mostrandosi invece come benefattore, Molly, invece, che degli Osage è una componente importante, sa nel profondo del suo cuore che la convivenza tra le due razze è fragile e pronta a rompersi per il petrolio, che Dio ha voluto far scorrere nelle terre dei nativi, e per i soldi che ne possono provenire. Questa tensione strisciante avvolge le quasi tre ore e mezza del racconto, trasformando “Killers of the Flower Moon” in un angosciante viaggio nella violenza disumana cui l’uomo è pronto a far esplodere nel nome del potere e dei soldi.

Martin Scorsese mette insieme diversi registri, diverse grammatiche, diverse atmosfere, facendoci assistere ad un equilibrato affresco fatto di quasi tutti i generi cinematografici toccati dal grande autore: western, storico, di denuncia, gangster, politico, con momenti di pura commedia drammatica quando Di Caprio e De Niro recitano nella stessa sequenza. Un racconto poliedrico ed eterogeneo che si fonde perfettamente con la durata, oggettivamente importante, della pellicola. Abbandonata, fortunatamente, l’idea di trasformare “Killers of the Flower Moon” in una serie televisiva, come il precedente lavoro di Scorsese “The Irishman”, il film tiene il punto per 206 minuti mantenendo sempre alte la tensione narrativa e la bellezza estetica.

Il vero colpo da maestro lo vediamo alla fine, con un cortocircuito grammaticale che legittima pienamente l’intento di Scorsese trasformando il film in una preziosa e inderogabile testimonianza delle atrocità subite da un popolo inerme e senza colpe. Magistrale.

***

RIVISTO

GANGS OF NEW YORK, di Martin Scorsese (Stati Uniti- Itala 2002, 167 min.).

Scorsese e Di Caprio insieme per la prima volta. Con un Daniel Day-Lewis divino, la pellicola indaga sulla brutalità dei newyorkesi della metà dell’ottocento che tra bande, illegalità e soprusi hanno contribuito alla grandezza inarrivabile della città di New York e degli Stati Uniti nel mondo.

Con una narrazione ineccepibile, assistiamo alla genesi di un popolo pronto a qualsiasi cosa per difendere le proprie origini e la propria terra. Estremamente violento.

minchella scorsese visto rivisto – MALPENSA24