VISTO&RIVISTO Quando il finale diventa quasi marginale

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di Andrea Minchella

VISTO

TRUE DETECTIVE- NIGHT COUNTRY, di Issa Lopez (Stati Uniti 2023, 6×51-83 min., Sky Atlantic).

La messicana Issa Lopez eredita da Pizzolatto l’inquietante e tenebroso format “True Detective”, spazzando via filosofia e psicologia, presenti nel primo e nel terzo capitolo, e immergendoci violentemente nel ghiaccio freddo e buio di un’Alaska oscura e spettrale.

Dopo il caldo torrido, sporco e sudato della Louisiana della prima stagione, in cui le parole di Mattew McConaughey si appiccicavano quasi viscidamente alla pelle dello spettatore, dopo la neutralità dei colori e dei toni della California della seconda stagione e dopo la spiazzante ruralità della terza stagione, in cui il bravo Mahershala Ali indagava sulla scomparsa di due bambini in Arkansas, ora la vicenda vede come sfondo una località quasi disgustosa, perennemente al buio e disorientante anche per i suoi abitanti. In questa quarta stagione esoterismo, razzismo e sfruttamento della terra diventano gli ingredienti principali di una narrazione ossessiva e snervante in cui la risoluzione del caso diventa quasi un aspetto secondario rispetto al racconto angosciante delle esistenze dei protagonisti di questo nuovo capitolo sempre targato HBO.

Ci sono il capo della polizia locale Liz Danvers, una strepitosa Jodie Foster, e l’agente della polizia statale Angie Navarro, una massiccia ma fragile Kali Reis, che indagano su alcuni cadaveri ritrovati fuori da una stazione scientifica. I corpi conficcati nella neve sono degli scienziati della vicina stazione. È subito chiaro che le vittime prima di morire hanno cercato misteriosamente di auto infliggersi sevizie disumane. Le due poliziotte non sanno da dove partire per le loro indagini. La vicinanza di una miniera, che da sempre ha dato vita a dissidi e scontri nella popolazione locale, alla stazione scientifica dà un importante impulso al lavoro complicato della polizia. Ogni piccolo passo in avanti dei due detective scoperchia segreti e misteri di una terra apparentemente tranquilla e letargica, ma in realtà grondante di rancori e violenze che anni prima avevano causato la misteriosa scomparsa di un’attivista indigena, la cui lingua viene inspiegabilmente ritrovata all’interno della stazione scientifica, che lottava contro lo sfruttamento dell’ambiente da parte della miniera locale.

Le indagini si presentano da subito difficili e criptiche. La realtà sembra fondersi con una narrazione onirica in cui nulla è come sembra. La civiltà antica che ha da sempre vissuto in terre tanto lontane dagli Stati Uniti quanto impervie lascia tracce ambigue e terrificanti in ogni centimetro di terra, in ogni spazio occupato da infinite lastre di ghiaccio.

Il ritmo è incalzante e il buio costante rendono la visione degli episodi di “True Detective Night Country” un’esperienza quasi mistica e traumatica. Le due attrici protagoniste monopolizzano completamente la misura di ogni inquadratura, di ogni sequenza, di ogni episodio.

La regista messicana inserisce nel suo progetto innumerevoli riferimenti alla cinematografia, anche televisiva, che fanno parte ormai della memoria collettiva di ogni individuo. Se l’ambientazione può ricordare immediatamente il capolavoro “horror” di John Carpenter “La Cosa”, la grammatica e lo stile prendono sicuramente spunto da “Shining” di Kubrick, da “Alien” di Scott, ma anche dal più recente “Insomnia” di Nolan o dall’altrettanto leggendaria serie tv “Fargo” in cui, nella prima stagione, il freddo e il gelo erano una parte integrante e necessaria dello sviluppo della vicenda.

Il vero mistero dell’intera produzione rimane la presa netta di distanza da parte del creatore di “True Detective”, Nic Pizzolatto, da questa quarta stagione. La stessa Lopez ha dichiarato che il suo è stato un lavoro di trasformazione di un prodotto di successo in una produzione cupa e necessariamente femminile. Le due protagoniste, infatti, tagliano il filo narrativo che ruotava sempre attorno a dei detective uomini. Ora il ritratto di Liz e Angie si trasforma in un originale e sincero affresco della complessità e della varietà infinita del mondo femminile. Le donne sono anche, grazie a dio, sgraziate, odiate, vendicative, violente e sole. Ma sganciate completamente dalla prepotenza ottusa maschile. Questo aspetto, forse, è l’aspetto che rende questo progetto profondamente originale e di rara qualità.

RIVISTO

LA COSA, di John Carpenter (The Thing, Stati Uniti 1982, 109 min.).

In piena guerra fredda il racconto breve di Campbell dei primi anni cinquanta si trasforma in un film “cult” in cui l’essere umano non può più fidarsi di nessuno. La realtà e la finzione non vengono più distinte da un gruppo di ricercatori che sembra perdere la ragione a causa di un’entità aliena che ha la capacità di trasformarsi continuamente e di insinuarsi nei corpi delle sue vittime.

Un viaggio claustrofobico nelle paure più profonde di ogni uomo. Ancora oggi attuale e spaventoso. Carpenter diventa leggenda.

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