L’eroe, l’amata e il destino

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Ivanoe Pellerin

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, in questa straordinaria epoca di fake news, di notizie forse vere forse no, di ipotesi, di supposizioni, di interpretazioni, mi piace raccontarvi una storia certamente straordinaria, di quelle “c’era una volta”, di quelle che “non si usano più”.

Dunque la storia ha un eroe che ha un nome un po’ impegnativo Giuseppe Maria Fernando Francesco e nasce a Madrid nel 1873 figlio di un Re che dopo poco tempo abdica. Poi la famiglia si trasferisce a Torino; a tre anni gli muore la mamma ed a sei anni è già mozzo nella Regia Marina. Il nostro si lega con buoni sentimenti alla zia Margherita, dalla quale è ricambiato con un grande affetto. Questa zia, narrano le cronache, gli trasmette una sana e improbabile passione: l’alpinismo.

A Courmayeur, paese che mi capita di frequentare, il nostro diventa amico inossidabile di alcune guide giustamente famose come Emile Rey e Giuseppe Petigax. Le montagne della catena del Bianco vedono le sue imprese: sale sulle cime allora inviolate delle Grandes Jorasses che battezza Margherita ed Elena e poi sull’Aguille San Nom. Dopo essere salito sulla cresta Zmutt del Cervino diventa membro del primo Club Alpinistico del mondo (di allora), ovviamente elitario, l’Alpine Club di Londra.

La storia continua in modo straordinario. Si mette a navigare per il mondo e viene affascinato dal monte Saint Elias di 5.489 metri, posto tra il Canada e l’Alaska, le cui cime erano già state meta di quattro importanti spedizioni anglo-americane miseramente fallite. Il nostro con le sue guide preferite di Courmayeur, superando difficoltà di ogni genere, ne conquista la vetta il 1° agosto 1897. Pensate che un tale impresa fu ripetuta solo nel 1946 con l’ausilio dell’aviazione americana.

Naturalmente la storia continua con questi colori vividi e straordinari. Infatti attrezza una nave rompighiaccio (con le caratteristiche di un naviglio della fine dell’800) e si lancia alla conquista del Polo Nord. Raggiunge “solo” gli 86 gradi e 34 primi di latitudine Nord, limite che rimarrà nel tempo per oltre 13 anni. Questa impresa però fa il giro del mondo che lo acclama un eroe e un grande esploratore.

I media di allora iniziano a seguire le sue imprese e la fama del nostro conquista il cuore di tanti americani, sarebbe meglio dire di tante giovani americane. Verrebbe da dire: nihil novi sub sole, anche se allora non c’erano i social. Il cuore dell’eroe è però conquistato dalle gesta di un altro famoso esploratore Henry Morton Stanley che lo spinge verso il gruppo africano del Ruwenzori. Naturalmente parte subito e con la sua spedizione raggiunge la cima più alta, ben 5.109 metri. A questo punto il richiamo delle altezze è irresistibile e l’attenzione volge al complesso dell’Everest, all’epoca irraggiungibile. Scala il K2 fino a 7.498 metri con un percorso che sarà poi seguito nel 1954 da un’altra vittoriosa spedizione italiana.

Come conviene in tutte le storie le faccende stanno per complicarsi. Scoppia la Prima guerra mondiale e il nostro eroe, con il grado di Ammiraglio, si trova a ricoprire il ruolo di comandante di tutta la Regia Marina con ottimi risultati. Presto entra in contrasto con gli alleati franco-inglesi e con molti politici italiani e torna alle sue amate esplorazioni, questa volta in Africa e precisamente in Somalia. Ma l’Amore è in agguato ed anche il nostro eroe, colpito dalla freccia di Cupido, si innamora perdutamente di una ricca ereditiera americana conosciuta nei suoi giraingiro per il mondo. La famiglia del nostro nobile, ricca e famosa, non gradisce per nulla l’evoluzione della storia poiché la fanciulla è straniera, non è di nobili origini e non è cattolica.  Notate qualche somiglianza con le storie dei nostri tempi, anzi di tutti i tempi? Lui si piega al volere dei genitori ed i due si ameranno lontani ed in silenzio.

In pessimi rapporti con il duce, si rifugia in Somalia dove fonda una società agricola e costruisce un villaggio e dighe e canali, bonifica terreni ed edifica anche strutture di servizio. Di fatto appare un colonialista ma certamente con un grande riguardo per tutta la popolazione che impara a rispettarlo,
financo ad amarlo. Per tutte le opere edificate e costruite occorrono ingenti capitali e, quando il nostro si trova in ristrettezze economiche, arrivano cospicui finanziamenti, pensate un po’, dall’America a nome e per conto dell’amata Katherine Elkins, che nulla chiede e nulla vuole.

Davvero una storia, al mio sguardo, particolare ed affascinante. Il nostro, forse proprio in forte contrasto con la famiglia, sposa una principessa somala, che illumina di devozione i restanti pochi anni di vita dell’eroe. Come tutte le storie anche questa ha una fine: il diabete lo uccide il 18 marzo 1933 a 60 anni. L’americana amata muore nel 1936 a 50 anni.

Cari amici vicini e lontani, forse molti fra di voi hanno riconosciuto questa storia romantica che induce a buoni pensieri, a buoni sentimenti, che ha un buon sapore e che fa bene a tutti in questi difficili momenti. Volevo farvi sorridere e indurvi a credere alla magia del mondo. Dimenticavo. Forse volete sapere chi è l’eroe di tutta questa bella vicenda. Ebbene si tratta di S.A.R. il Principe Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi. Cari amici vicini e lontani, per una volta un po’ di sano orgoglio patriottico? Il principe avrebbe detto: “Comme vous voulez, come vo

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