«A Legnano partiti finiti e politica debole. Come rispecchia il Consiglio comunale»

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LEGNANO – È una nota politica assai severa quella diffusa oggi, giovedì 12 agosto, dall’ex consigliere comunale di Legnano Futura Stefano Quaglia. La pubblichiamo integralmente, ritenendola tanto spietata in alcune osservazioni sui recenti avvenimenti politici avvenuti all’ombra del Guerriero, quanto ricca di utili spunti di riflessione. Alla faccia del relax ferragostano.

Nel volume “Legnano 1945-2000. Il tempo delle trasformazioni” a cura di Giorgio Vecchio e Gianni Borsa (Nomos Edizioni) gli anni tra il 1975 e il 1990 vengono definiti quelli della “politica debole”. Un giorno qualche storico inizierà a scrivere la storia politica della città del primo ventennio del nuovo millennio. Dopo “politica debole”, quale espressione dovrà essere coniata per rendere l’idea dello smottamento della politica a cui stiamo assistendo da anni?

Non è certamente un unicum legnanese che i partiti non siano più tramite tra istituzioni e cittadini, purtroppo in molti casi ridotti a taxi verso il potere, su cui gli arrivisti di turno salgono e scendono senza pagare la corsa. Abbiamo vissuto anche a Legnano gli anni del civismo. Erano quelli in cui i promotori di alcune liste scandivano “mai con i partiti” e quasi si scandalizzavano a pronunciare i nomi di alcuni di questi, salvo poi a distanza di anni stringere patti impensabili che hanno consentito a chi è nato in una lista civica (e poi ha strizzato l’occhio a un’altra) di raggiungere poltrone di rango infilandosi in un partito. E anche il civismo in alcuni casi è solo di facciata, granitico pretoriano di partiti verso i quali non oserà mai battere ciglio.

Legnano ha vissuto l’esperienza del Comitato Legalità, che ha raggiunto il suo scopo grazie a persone pazienti e tenaci, che in quell’esperienza hanno rischiato grosso personalmente. Il tutto mentre qualche boiardo di partito sfilava in piazza San Magno (ovviamente senza mai lasciare un centesimo al Comitato).

Non si può tacere l’abile manovra di chi ha usato il Comitato Legalità come trampolino, magari a mo’ di partigiano del 26 aprile, seminando divisione a suon di diktat. Certi rancori a Legnano non passano, le teste pensanti non sono gradite, o meglio tutti le vogliono finché silenziosamente portano acqua al mulino del prescelto di turno.

E così si arriva alle elezioni comunali, precedute da un clima di veti e divisioni mai visto prima, che può portare a risultati nell’immediato, ma che nel lungo termine è un boomerang per chi lo mette in atto e per la città. Mai con questo, mai con quello! Un clima che ha preceduto e accompagnato l’inizio di questo mandato amministrativo e che ora prosegue in Consiglio comunale. Quindi, perché stupirsi? In un’aula nella quale molti eletti, più che espressione di partiti o movimenti politici, sono rappresentanti di ben altro. I consiglieri che sanno fare un discorso politico si contano sulle dita di una mano, ancor meno quelli che arrivano in aula dopo aver letto e studiato i documenti.

La politica sembra decisamente aver abbandonato l’aula di Palazzo Malinverni. Ma attenzione a non ricadere nel solito refrain che addossa la colpa alla “politica”. Chi ha eletto i consiglieri comunali? Chi ha espresso il voto per una lista, e quei pochi che hanno indicato una preferenza per un consigliere, sulla base di cosa ha scelto? Si è votato dopo aver letto i programmi, dopo essersi informati sui candidati, dopo aver valutato l’operato di chi si ricandidava, oppure dopo aver seguito pedissequamente un’indicazione ricevuta sul sagrato? La città ora ha il Consiglio comunale che hanno scelto i cittadini, che li rispecchia.

Stefano Quaglia

Legnano Futura

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