Antifascismo e anticomunismo: tra Meloni, Schlein. E Mattarella

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Sergio Mattarella all'Altare della Patria

di Gian Franco Bottini

“The day after”; il giorno dopo e le sue riflessioni. Va chiarito che il giorno prima era il 25 Aprile, con le celebrazioni per la Festa della Liberazione e con i conseguenti scambi di ruvidi “convenevoli” che questa volta si sono non poco scostati dalla noiosa ripetitività degli ultimi anni. D’altra parte le premesse per qualcosa di diverso c’erano: siamo nel  primo anno di una Destra “vera” al governo e di una Sinistra (che vorrebbe ritornare ad essere “vera”) sull’altro fronte. E gli antefatti c’erano pure, con alcune fesserie dialettiche da parte di esponenti della Destra destinati a titillare il protagonismo della segretaria Schlein, per il momento unicamente in grado di tirar fuori dai cassetti tutta la polverosa retorica di Sinistra.

Un recente sondaggio dichiara che che il 52% degli Italiani “festeggia” (ognuno a suo modo, magari anche andando al mare) la ricorrenza della Liberazione, mentre il 48% (guarda caso una percentuale molto simile a quella di chi recentemente non va a votare) non lo fa o, peggio, ne ignora il significato. Per i giovani poi l’”ignoranza” della storia è pressochè totale e nel momento di esprimere una opinione si appoggiano a tutti i meccanismi semplicistici tipici dei derby sportivi.

Che ci fosse qualcosa di diverso nell’aria lo si era comunque notato dal comportamento dello stesso   Mattarella che, in questo ultimo mese, si è sorprendentemente dimostrato un attivo viaggiatore in luoghi simbolici per parlar di democrazia, non mancando mai di sottolineare con insolita fermezza (lui, sempre attento equilibrista dialettico), i valori della Resistenza e la lontananza del nostro Paese da qualsiasi tentazione di nostalgie del passato. Che qualcosa gli avesse fatto saltare la mosca al naso (o perlomeno contrariato) era evidente e la nostra interpretazione, della quale ci prendiamo tutte le responsabilità, è che quel qualcosa riguardasse soprattutto alcuni comportamenti verbali del suo subalterno ‘Gnazio La Russa, dal quale pretenderebbe un aplomb istituzionale a livello della seconda carica dello Stato, quale è, piuttosto che i rigurgiti “camerateschi” ai quali fatica a rinunciare.

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Gian Franco Bottini

Ancora di più, nel suo discorso ufficiale il Presidente, affermando il concetto di un 25 Aprile momento di concordia nazionale, parlando degli interpreti della Resistenza ha ripetutamente teso ad alzare la considerazione e la trasversalità del termine “Patriota” (tanto caro alla Destra e alla Meloni in particolare)  per portarlo quasi a livello del termine “Partigiano” (tanto caro alla Sinistra che negli anni se ne è , a nostro parere illegittimamente, appropriata). Uno sforzo, quello del Presidente, di vedere nei due termini idealmente due bandiere, che possano sfilare affiancate con la pari dignità, frutto di una trasversalità che possa finalmente realizzare l’immagine di un 25Aprile “festa di tutti gli italiani”.

Come abbiamo più volte detto la più danneggiata dalle improvvide esternazioni dei suoi camerati (spesso anche in risposta ad evidenti provocazioni) hanno creato imbarazzo soprattutto alla premier Meloni, la quale si è vista costretta ad una esternazione ufficiale nell’impegnativa forma scritta (scripta manent, verba volant) che, soprattutto per la sua veste di segretario di quel partito in costante sospetto di nostalgico revanscismo fascista, rappresenta più di un passo avanti verso il traguardo auspicato da Mattarella.

Tante sono le espressioni usate dalla Premier che indicano il 25 Aprile 1945 come il momento di una “ritrovata libertà” e che dichiarano la “incompatibilità dei partiti che rappresentano la destra in Parlamento con qualsiasi nostalgia di fascismo”. Augurandosi poi che “le sue riflessioni possano contribuire a fare della ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale”, la Meloni dichiara che “il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato e rimane, senza alcun dubbio, l’affermazione dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato (calpestato) e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione Repubblicana”, “un testo che si dava l’obbiettivo di unire e non dividere.”

Parole chiare che forse non piaceranno a tutti. Non piaceranno forse a chi, nell’ambito della Destra, dopo anni di frustrante minoranza amerebbe continuare, metaforicamente, a menar le mani da “Figlio della Lupa”. Potrebbero non piacere a chi della Sinistra non trova altri argomenti per esercitare la sua legittima opposizione e si vede “sgonfiare davanti l’avversario”, una entità necessaria per ogni partito che vuole risalire la china. Lo fu “il comunismo” per Berlusconi; i “terroni”, “Roma ladrona”, l’immigrazione per la Lega; la “partitocrazia” per i 5 Stelle e oggi il ”pericolo fascista” per la sinistra .

E cosa succederebbe se alla Sinistra gli si sgonfiasse lo spauracchio del “fascismo”?  Potrebbe ignorare tutte le dichiarazioni della Meloni e continuare a speculare sui termini, chiedendo alla stessa la confessione, a “reti unificate” si intende, di essere “antifascista”, esponendosi però a sua volta ad una imbarazzante controrichiesta. E sì, visto che dietro agli striscioni sostenuti dalla Schlein sventolavano  chiaramente  vessilli del vecchio P.CI. (per i più giovani: Partito Comunista Italiano) e qualche bontempone potrebbe richiedere alla Segretaria di dichiararsi anche lei “anticomunista” (rispolverando ovviamente i fatti istriani e dalmati, il ruolo staliniano del “Migliore” e così via). Qualche imbarazzo ci sarebbe al suo interno e anche  rispetto a molti suoi coinquilini!

Ogni partito ha una storia che va studiata, ricordata, criticata ma anche rispettata. Pensiamo al presente e a recuperare quel 48% di italiani pronti a sentirsi un popolo quando vince la nazionale di calcio ma non nella ricorrenza della Liberazione, facendone una festa per tutti. Una ipotesi di partenza? La storia del ‘900 nelle scuole, raccontandola senza pretendere di “insegnarla”. Difficile, lo sappiamo; ma non impossibile.

bottini mattarella schlein meloni – MALPENSA24