Da Venezia al Baff: Alberto Barbera spiega come sono cambiati cinema e festival

baff venezia festival barbera 01

BUSTO ARSIZIO – «Critici e giornalisti dicevano che il cinema era morto, ma è solo cambiato. Ora si dice che i festival sono morti. Ma questi eventi svolgono ancora una funzione fondamentale, senza dimenticare l’emozione unica che dà il parteciparvi». Ieri, lunedì 4 aprile, Alberto Barbera, direttore della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è stato protagonista di una masterclass del Baff dell’Istituto Antonioni: insieme all’amico ed ex compagno di università Steve Della Casa, direttore della kermesse di Busto e del Torino Film Festival, ha illustrato ai presenti, tra i quali c’era la vicesindaco Manuela Maffioli, lo stato di salute degli eventi dedicati alla settima arte.

Boe per navigatori in un oceano sterminato

«Certamente i tempi sono cambiati, tra pandemia, lockdown e la presa del potere da parte delle piattaforme digitali», ha esordito Barbera. «Ma se andiamo a guardare bene il modello del festival è rimasto lo stesso. Lo confermano anche le ricerche che abbiamo compiuto in vista del novantesimo anniversario della Mostra di Venezia, che fu il primo. È chiaro che all’inizio c’è una selezione. La funzione di queste manifestazioni, boa per navigatori in un oceano sterminato, è fornire allo spettatore un modo di orientarsi tra le produzioni cinematografiche, cresciute rispetto al passato in modo impensabile. In un ordine di grandezza di duecento titoli nuovi in arrivo ogni anno, permette di sapere quali saranno i migliori grazie alla selezione di quelli che vengono proiettati in anteprima».

Piattaforme digitali e film d’autore

«A ogni scoperta tecnologica che è stata fatta è seguito un salto di qualità per il cinema – ha aggiunto Barbera sulla situazione in cui il cinema si trova a operare – e la più importante è stata la rivoluzione digitale di fine anni Novanta, con l’arrivo delle piattaforme, dello streaming e di Netflix, una diffusione che è stata accelerata dalla pandemia. Penso però che stiamo andando verso una coesistenza di questo sistema di distribuzione con quello delle sale. Il festival serve a promuovere i film a cui serve essere promossi e quelli d’autore ne hanno bisogno ora come allora. Ma torna utile anche alla piattaforme per i titoli su cui hanno investito di più: nel caso di “The Irishman” di Scorsese si è trattato di centocinquanta milioni di dollari interamente pagati da Netflix, che a Venezia presentò per la prima volta un film in concorso nel 2014».

L’esperienza collettiva e la sua unicità

Come ha poi ricordato Barbera, ai festival, che riuniscono pubblici differenti come cinefili e appassionati, addetti ai lavori, critici e semplici curiosi, è in aumento il numero degli spettatori: «Perché le persone si recano a questi appuntamenti per proiezioni che usciranno nelle sale poco dopo? Per la loro unicità, un’esperienza completa e gratificante che nessun altro può offrire. E un’esperienza collettiva che ha i suoi rituali, i suoi protocolli, ma dà un’emozione incomparabile». Nonostante concorrenti come Internet, videogame e TikTok si assiste anche a un ritorno dei giovani: «Insieme alla loro curiosità, importante per il cinema del futuro, si registra un crescita esponenziale dei festival: se aumentano significa che esiste anche una domanda. Sono quindi ottimista sulla loro funzione, che non verrà meno».

Come si impara a fare un festival?

Grandi macchine culturali e per la produzione di cultura, i festival, che tengono in vita una comunità e formano il pubblico, vanno sostenuti per le ricadute positive che portano al territorio. Come si impara a farne uno? «Copiando chi il festival lo fa», è stata la risposta di Barbera e Della Casa. «Nessuno ti insegna a diventare direttore di festival, non c’è una scuola. Noi abbiamo imparato facendolo, e facendo tantissimi errori». Con l’arrivo di Paola Malanga il 9 aprile Busto ospiterà ben tre direttori dei più importanti appuntamenti nazionali (Venezia, Roma e Torino) dedicati al cinema: «Il suo arrivo sabato è dovuto a una lunga amicizia», ha commentato Della Casa. «Ma allo stesso tempo si tratta di persone che, in ragione del loro ruolo, hanno molto da fare: la loro presenza al Baff è un motivo di orgoglio e prestigio per il festival».

baff venezia festival barbera – MALPENSA24