Buon viaggio sull’Autolaghi dove i cantieri non finiscono mai

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Quotidiane code sulla Milano-Laghi, autostrada del caos cantieri

Una mostra per celebrare il secolo di vita della Milano-Laghi. E’ stata inaugurata in pompa magna a Villa Recalcati, sede della Provincia di Varese. Ci sta. Come ci stanno i discorsi ufficiali per sottolineare una data storica, per molti aspetti decisiva per lo sviluppo economico e sociale di un vasto territorio, primo al mondo ad ospitare un’autostrada. Dovremmo esserne orgogliosi. E tirar fuori il gran pavese. Se non fosse che, cent’anni dopo, l’Autolaghi è diventata una specie di inferno viabilistico per chi è costretto a percorrerla nelle ore di punta e non solo. Una via ad ostacoli per tutto quel che si sa, a cominciare dal numero impressionante di automobilisti che la frequentano ogni giorno.

Ma non potrebbe essere diversamente in un’area ad alta densità abitativa, industriale e strategica per i collegamenti stessi, piena di intersezioni che immettono verso numerose, importanti direttrici. Basti ricordare la presenza di Malpensa per riconoscerne l’utilità, che, cioè, non se ne può fare a meno. Sarà anche per questo che i gestori della Milano-Laghi la “coccolano” al punto che non passa giorno senza un cantiere aperto, uno chiude due aprono. Uno stillicidio di lavori che contribuiscono ai rallentamenti e agli ingorghi, senza soluzione di continuità. Di giorno e di notte, come se la prima autostrada del Novecento avesse bisogno di reiterate, infinite attenzioni come non accade sul resto della rete autostradale. Tanto più che da Varese a Milano non ci sono viadotti a rischio né gallerie prossime a crollare sugli automobilisti che le imboccano.

Non si capisce. Se mai qualcuno avesse una spiegazione da fornire alle migliaia di utenti giornalieri se la tiene per sé, infischiandosene della necessaria trasparenza verso coloro che, per altro, pagano salatissime tariffe. E attendono che si completi la Pedemontana, realizzata soltanto per un terzo. Sarebbe quella una possibilità per decongestionare l’Autolaghi, è cosa buona e giusta. E nota. Però c’è un però: i lavori sono fermi, si dice riprenderanno a breve. Si spera. Di più: che fine ha fatto, ad esempio, il progetto per sistemare il pericolosissimo svincolo di Busto Arsizio? Lì sì, che la sua riqualificazione sarebbe indispensabile. Nel frattempo, buon viaggio.

Tutto questo è terreno fertile per gli incidenti, altro problema che si ripresenta con preoccupante frequenza. Spesso con esiti gravissimi per le persone coinvolte, sbocchi che non hanno bisogno di ulteriori commenti, al netto dei disagi che ne derivano per la viabilità stessa.

Eppure, soltanto qualche mese fa, presente il ministro Matteo Salvini, è stata inaugurata la quinta corsia nel tratto finale verso il capoluogo lombardo. Lavori non ancora terminati, ma taglio del nastro pur tra le polemiche. Situazione tipicamente all’italiana, necessaria forse per rappresentare l’impegno delle istituzioni per risolvere o, meglio, per cercare di risolvere i guai di una via di comunicazione che, un secolo fa, fu realizzata con uno sguardo sul futuro. Avevano la vista lunga i nostri padri. Ma non potevano ipotizzare che nel nuovo millennio la loro intuizione avrebbe favorito un salto all’indietro: l’intenzione commendevole di accorciare le distanze sembra franare con l’incedere veloce di una modernità insostenibile. Una volta per raggiungere Milano da Varese ci volevano al massimo un paio d’ore, oggi ci sono giorni in cui non ne bastano il doppio.

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