Congresso provinciale PD, Bernardoni: «Ecco come rivoluzionerò il partito»

alice bernardoni PD Varese
Nella foto Alice Bernardoni

VARESE – Alice Bernardoni è stata vice nella segreteria “di compromesso” guidata da Giovanni Corbo. Ora si candida (e non risparmia critiche – anche a se stessa – sulla conduzione che va a finire) per prendere in mano le redini del PD provinciale con un’idea ben precisa di come impostare il partito sia a livello organizzativo che politico.

Donna e mamma, lontana anni luce però dal “modello Giorgia”, Bernardoni è una paladina delle pari opportunità. Vanta una buona esperienza politica dentro al partito (è stata segretario cittadino a Tradate e vice segretario provinciale) e in amministrazione (è stata consigliere e assessore sempre a Tradate). In due parole: nativa PD. Bernardoni, infatti, ha preso la prima tessera nel 2008, anno di fondazione del Partito Democratico. Che dice di voler cambiare a livello provinciale. Vediamo come.

Alice Bernardoni come definisce la sua candidatura alla segreteria provinciale?
«Una candidatura ragionata e ponderata. Il gruppo di persone con cui mi sono confrontata, e che sostiene la mia candidatura, crede che per guidare il PD in provincia di Varese servirebbe esperienza e innovazione e credo di poter essere la sintesi di queste peculiarità».

Nel PD c’è chi definisce la sua scelta una candidatura di “conservazione” per via del suo mandato da vicesegretario di Giovanni Corbo. Più che innovazione, continuità. E’ co?
«Tutti sanno che la segreteria Corbo è stata una segreteria di compromesso e io non rinnego il ruolo di vice che ho ricoperto. Quella che va chiudendosi è stata una segreteria che ha tenuto conto di tutte le componenti. Da un lato lo ritengo un plus, dall’altro ci ha fatto perdere la lucidità e tolto la forza di dire o fare determinate cose».

Non le chiedo un voto, ma un giudizio sulla segreteria Corbo sì. Qual è?
«Direi che fino al Covid abbiamo lavorato molto bene, abbiamo recuperato il rapporto con gli amministratori. Negli ultimi due anni abbiamo perso incisività. Forse per stanchezza generale, o forse perché davanti ai tanti appuntamenti elettorali non abbiamo dato una direzione politica, ma siamo stati presi dagli aspetti organizzativi. E poi è venuta a mancare la comunicazione sia interna e con i nostri Circoli, sia all’esterno; oltre al fatto che non abbiamo lavorato per far crescere nuove leve della classe dirigente».

Mica pizzi e fichi, verrebbe da dire. E aggiungere: lei è stata la vice di Corbo e in linea con il segretario. “Svuotare” ora il sacco non le sembra un po’ troppo facile?
«È corretto che il vice sia in linea con il suo segretario. Anzi è giusto che sia così. Le cose che non andavano però le dicevo a Corbo e con lui mi confrontavo. E anche se non “mi si vedeva”, c’ero. Questa segreteria ha incrementato gli iscritti. Io però non sono per il fuoco amico, bensì per il confronto e la compattezza».

Bernardoni, lei parla di “ultimi due anni di difficoltà”, ma nel Pd c’è chi invita a “non usare la segreteria come trampolino di lancio politico”. Cosa risponde?
«Che io ho già dato alle ultime regionali (sorride). Mai dire mai, però la mia candidatura alla segreteria provinciale ha un solo scopo: lavorare per il partito».

Quale partito vorrebbe costruire?
«Vorrei un partito che non faccia più il Comitato elettorale e che si mette a lavorare solo perché ha un candidato. Voglio un PD che sappia mettere in campo formazione politica, progettualità e proposte territoriali. Basta inseguire gli altri».

Lei ha sostenuto Elly Schlein, pentita della scelta?
«Non sono pentita perché in quel momento serviva quello. Ora però vorrei più incisività, attenzione e determinazione su alcuni temi».

Quali temi? I diritti individuali che hanno fatto la “fortuna” della Schlein o quelli sociali dei quali a volte il Pd pare dimenticarsi?
«È vero che su questo dualismo manca chiarezza. Un grande partito deve tenere tutti insieme. I diritti individuali sono inscindibili dai diritti sociali. Nel nostro programma congressuale parliamo di diritti, di pari opportunità in tutti i campi e per tutte le persone».

Questi, ma anche quelli. Per caso ha nostalgia di Veltroni?
«Averne oggi di Walter Veltroni anche qui da noi».

Ma in concreto?
«Voglio ricordare che il Partito Democratico nasce per tenere insieme due culture non identiche, non diverse ma complementari. Per questo è importante che ci siano tutte e due le componenti e che tra le persone ci sia rispetto. Dopo di che è anche vero che la maggioranza vince e se vince la mia linea sarà chiara».

Sta dicendo che chi vince piglia tutto?
«Conosco il valore delle minoranze poiché sono stata una vita in minoranza. Però se uno vince deve dettare la linea. Detto ciò aggiungo che anche nel documento dell’altro candidato alla segreteria ci sono temi che si possono recuperare».

La prima cosa che farebbe nel momento in cui dovesse vincere qual è?
«Stappare e brindare al successo. Battute a parte dico: riorganizzare il territorio in modo differente poiché così non stiamo più in piedi. E poi iniziare a lavorare per le elezioni provinciali».

E subito dopo ci sono le Europee. Insomma, non teme l’effetto “tourbillon elettorale” che poco sopra ha detto di voler esorcizzare?
«No, anzi sarà proprio lì che parleremo dei nostri temi. Sulla Provincia e in Europa. Un’Europa, sia chiaro, che deve essere accogliente, solidale e con un PD saldamente ancorato al Pse».

Torniamo a Varese e al congresso di ottobre. Quanto è fuorviante ricondurre la sfida dei due candidati a un confronto a distanza tra i big Alfieri – Astuti?
«Ho parlato con Alfieri, ma mi sono confrontata più a fondo con Astuti che è della partita. Ma voglio essere chiara, Samuele (Astuti ndr) è un valore e quando serve mi dà una mano. Ma non mi sento la sua candidata, tanto che mica su tutte le questioni politiche la pensiamo allo stesso modo. Ci mancherebbe».

Veniamo alla lista di “sostegno”. Da chi è composta?
«Uomini e donne in egual misura. È stato faticoso, ma credo di aver messo insieme una squadra che rappresenta tutti i circoli della provincia perché voglio dare fin da subito l’idea di un partito collettivo e dove anche i circoli più piccoli si sentano rappresentati».

Al nazionale ha vinto la Schlein, al cittadino di Varese, salvo imprevisti, Manuela Lozza sarà candidata unica e a Gallarate potrebbe toccare ad Anna Zambon, al provinciale c’è lei. Una filiera di donne alla guida del partito sarebbe un inedito. Crede che possa essere anche un problema?
«Manca un tassello: avremo anche un segretario donna al PD Lombardia, visto che la Roggiani è candidata unica. Sì, non nascondo che potrebbe essere un problema per molti anche dentro il PD. Però attenzione, io ho fatto il Politecnico dove erano quasi tutti maschi. So che certe dinamiche possono spiazzare».

Roba da non credere visto che il PD è una delle realtà che da sempre lotta per la parità di genere, non crede?
«Forse per coloro che non sono abituati. Le donne che sono della partita sono tutte donne che hanno lavorato insieme e hanno un forte senso di solidarietà. E questo vale anche per gli uomini che stanno lavorando al mio fianco».

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