Corbo “fa il pompiere”: «I mal di pancia nel Pd? Normale dialettica interna»

segretario provinciale corbo pd

VARESE – La fiammata del Pd alle provinciali, primo partito (per voto ponderato) nel Varesotto e il fuoco lento che arde dentro il partito. E che il segretario provinciale Giovanni Corbo cerca di spegnere prima che divampi l’incendio: «E’ solo questione di dialettica interna».

Il numero uno dei dem in provincia di Varese mette davanti a tutto il risultato della lista dei Civici democratici a Villa Recalcati: «E’ l’unico dato oggettivo». E rimanda le analisi più approfondite sul flusso (anche in uscita) di voti, sull’andamento (“maluccio”) del partito nei piccoli comuni. Oltre a derubricare il pasticcio interno sull’elezione del componente di Alfa a «una semplice veduta differente tra amministratori soci del gestore unico del servizio idrico, non ascrivibile a vedute politiche diverse».

Insomma, davanti alla tesi di chi sostiene che il Pd, e in particolare il segretario provinciale, stia “rosolando” a fuoco lento, Giovanni Corbo tira dritto: «Non credo. A me nessuno ha detto niente. Non ho ricevuto rimproveri o critiche. Io continuo a lavorare, giorno dopo giorno, per far crescere i contenuti dentro al Partito democratico».

Giovanni Corbo, partiamo dal voto delle provinciali. Il Pd incassa il maggior numero di voti ponderati, ma questa leadership non si traduce con un incremento di consiglieri a Villa Recalcati. E tra i dem c’è chi sostiene che ci sia poco da esser contenti. E’ così? 
«I voti, anche se ponderati e circoscritti a sindaci e amministratori, sono un dato oggettivo. Certo la cruda verità dice che nonostante la nostra lista sia stata la più votata non ha portato il numero di consiglieri che ci aspettavamo. Però, non possiamo non sottolineare che, sommando anche i voti di Varese provincia europea, la civica a noi vicina, abbiamo incrementato il consenso rispetto alle ultime elezioni provinciali. E questo credo sia un dato di forza da tenere in considerazione».

Scusi, il centrosinistra si è presentato con un pacchetto di voti strappati al centrodestra per via di Comuni conquistati alla coalizione avversaria, tra cui Saronno. Ha incrementato, sulla carta, il numero dei voti ponderati incassati, ma non ha spostato di un millimetro la geometria politica di Villa Recalcati. C’è qualcosa che non torna, non crede? 
«Non abbiamo ancora avuto modo di valutare a fondo il flusso dei voti nei piccoli e nei grandi Comuni. Lo faremo più avanti. Posso però dire che il frazionamento del centrodestra ha permesso ai partiti avversari di essere più capillare, soprattutto nelle piccole realtà, e di raggiungere più amministratori. Una tattica quella di presentare più liste che ha pagato nelle urne. Ora vedremo se sarà efficace anche nell’amministrare l’ente».

Nella sua analisi però non tiene conto di amministratori che nei Comuni governano con il centrosinistra, ma che per la Provincia ha votato “altrove”. Secondo lei, è possibile (come si dice nei corridoi), che anche qualche voto dem sia stato “dirottato” su candidati di Forza Italia? 
«Sul voto dei “grandi elettori” faremo le somme nei prossimi giorni. E valuteremo cos’è successo».

Quindi chi parla di “mal di pancia” dentro al Pd esagera?
«Io non mi sono mai sottratto al confronto. Più che di malcontento però, parlerei di un grande partito che è abituato alla dialettica interna. Noi siamo abituati a confrontarci alla luce del sole e, alla fine, come sempre troveremo una sintesi».

Beh, su Alfa non è andata così: in campo c’erano due candidati targati Pd, ma anche due visioni differenti. Più che arrivare a una sintesi, siete andati alla conta spaccati. Quindi? 
«Ma quale spaccatura. Ci si divide su visioni politiche. Ma non è questo il caso. C’erano due candidati, ma dei 144 sindaci soci di Alfa molti non hanno tessere di partito. Trasformare quindi quell’episodio in una battaglia politica sarebbe sbagliato».

Non sarà una questione politica, però i voti del caso Alfa parlano chiaro: da una parte c’era Passera e un accordo con la Lega, dall’altra c’era la candidatura di Luca Conte, proposta dal sindaco Galimberti e i dem varesini e votata da amministratori di Forza Italia. Insomma la politica, ci pare, ci sia eccome. 
«Ma quale accordo con la Lega. Il 70 per cento dei sindaci ha scelto Passera. La differenza credo l’abbia fatta il profilo dei candidati».

 Smentisce che ci siano vedute differenti tra lei e il Pd e il sindaco di Varese? 
«Il sindaco di Varese è la nostra punta di diamante. Certo, su temi specifici ci sono vedute differenti, ma fa sempre parte della dialettica di partito».

Vedute differenti come sul campo aperto. Qual è la sua idea sul tema? 
«Il “mio” campo aperto prevede più idee capaci di raggiungere una parte di elettorato che oggi ci è precluso e meno tatticismi».

Sembra una critica al piddino più tattico, ovvero il sindaco di Varese. Oppure è una chiusura al dialogo (che c’è) con Forza Italia?
«Nessuna critica nei confronti di nessuno. Poi se qualcuno ci rimane male questo non lo posso sapere. Io continuo a lavorare per il bene del Pd, che negli ultimi anni ha sempre pagato dazio a causa di aver “giocato” troppo su questioni interne. Il dialogo aperto con Forza Italia? Io non l’ho avuto per queste provinciali. Su questo argomento non sono la persona a cui chiedere».

Quanto si sente in discussione?
«A dire il vero l’ho letto sul giornale».

Insomma, primo partito in provincia, zero screzi e tutti contenti. Quali sono i prossimi obiettivi del suo mandato? 
«Dopo due tornate ravvicinate di elezioni amministrative e le provinciali ora ci possiamo concentrare sui contenuti e sulle idee in vista delle Regionali e delle elezioni politiche».

Con quali ambizioni personali? 
«Non ho ambizioni personali di candidatura. Prima di tutto c’è il bene del Partito democratico».