Fascismo, eroi partigiani e la pacificazione a Cassano Magnago

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Mauro Venegoni

Emanuele Antonelli, sindaco di Busto Arsizio, celebra il comunista Mauro Venegoni. Lo fa con un discorso istituzionale, dove la parola fascismo è prudentemente tenuta sullo sfondo. Discorso che i presenti alla cerimonia commemorativa per l’assassinio del partigiano Venegoni, domenica 30 nel luogo dell’eccidio a Cassano Magnago, applaudono. Siccome sono in stragrande maggioranza esponenti di sinistra e Antonelli è notoriamente un anticomunista che parteggia per la destra, c’è quasi da rimanere di stucco. Possibile? Che l’invocata pacificazione nazionale trovi legittimazione nell’annuale cerimonia cassanese, spesso teatro di aspre contestazioni e conflittualità politiche? Più facilmente è prevalso una sorta di sensato fair play che, nel mezzo di manifestazioni che richiamano il Ventennio nel centesimo anniversario della marcia su Roma, appare comunque commendevole. Nonostante tutto.

Nonostante Antonelli abbia tagliato corto il giorno precedente sugli ambigui manifesti comparsi nella sua Busto Arsizio proprio in occasione del 28 Ottobre, data della marcia mussoliniana alla conquista  della capitale: “Li abbiamo subito tolti, episodio chiuso e morta lì”. Mah. Quei cartelli sottolineavano seppure in modo metaforico un momento storico che per l’Italia ha significato l’inizio della dittatura. Caso mai, episodio attorno al quale riflettere. E, forse, preoccuparsi. Perché, se è vero che Giorgia Meloni ha dichiarato di non avere mai avuto simpatia per il fascismo, e ciò è decisivo per l’azione di governo, la sua parte politica affonda le radici in un terreno scivoloso rispetto al passato in camicia nera. E la provincia di Varese non è immune da certi rigurgiti. Anzi.

C’è chi sostiene che parlare di fascismo a fronte delle crisi pandemiche, energetiche ed economiche, al cospetto di una guerra che minaccia di diventare mondiale, sia funzionale a spostare l’attenzione su un falso problema. Per dirla in chiaro, parlar d’altro per non parlare delle questioni più impellenti e penalizzanti per i cittadini. Cosa dire, però, davanti alle immagini dell’adunata degli Arditi a Predappio. Cosa dire dei saluti romani, dei cori e degli urrà al Duce? Qualche migliaia di nostalgici che fanno rivivere un periodo tragico e, appunto, riportano indietro le lancette della storia, sono da derubricare a mero folclore? Finita la cerimonia nel paese natale di Benito Mussolini, anche in questo caso “morta lì”?

Infine, a gettare benzina sul fuoco ci sono le dichiarazioni di Ignazio La Russa in un’intervista alla Stampa. Il neo presidente del Senato annuncia di non partecipare ai cortei del 25 Aprile, “appannaggio di una certa sinistra”. Che abbia torto non potremmo sostenerlo: la sinistra si è sempre appropriata della Festa della Liberazione, benché sia la festa di tutti gli italiani e, bene ricordarlo, il 25 Aprile non fu istituito da governanti comunisti.

Il dibattito è e rimarrà aperto. Con o senza rincari del gas e dell’elettricità a pesare sulla quotidianità della gente, così da far sembrare fuori luogo il confronto su una questione che non è affatto chiusa. Che non è soltanto ideologica o in mano a “quattro cretini”. D’accordo, difficile, persino improbabile, che ritorni la dittatura e si ripiombi nel buio del Ventennio. Ma abbiamo il dovere della memoria per evitare che ciò accada. Molto bene ha fatto Emanuele Antonelli a proporre, domenica a Cassano Magnago, che il prossimo anno, davanti al cippo che ricorda Venegoni, vengano invitate le scuole. Coinvolte in un momento celebrativo che travalichi il suo significato storico e fattuale e metta in campo i giovani. Che la proposta arrivi da un dichiarato esponente di destra ha un valore ancora più importante (la sinistra non ci ha mai pensato). Al di là delle divisioni, oltre gli schieramenti di chi “stava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata”, nella prospettiva di una concreta , invocata e per ora irrisolta, pacificazione nazionale. Senza la quale appare un’ipocrisia appellarsi alla pace in senso più lato.

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