Fratelli e fratellini tra destra storica e nuovi arrivati

«Se non litighiamo vinciamo dappertutto». Sono queste le parole pronunciate da un Fratello che, da un lato, raccontano in maniera inequivocabile la forza e la convinzione con la quale i meloniani si stanno preparando alla “grande abbuffata” elettorale di giugno e dall’altro, però, lasciano intendere che non tutto va per il verso giusto. Ovvero la macchina è potente, il motore ruggisce, ma a volte i Fratelli, se non sono proprio coltelli, sono litigarelli.

Mal di pancia che chi mastica la politica archivia alla voce “problemi di crescita” senza dare troppa importanza. Intenzioni di rivalsa, voglia di rivincita: non sono mai mancate nei partiti. E’ sempre stato così in ogni formazione che ha registrato una crescita spropositata nell’arco di pochissimo tempo. E in questo Fratelli d’Italia non fa eccezione. Il fatto però di avere (sulla carta) più posti che uomini da piazzare, in questo momento, non funziona da medicina. Anche perché la bagarre elettorale incombe e mai come a questo giro, dentro al centrodestra, tira aria di ribaltone: la Lega, infatti, potrebbe uscire dalle urne di giugno ridimensionata e il partito della Meloni potrebbe avere tra le mani la cloche di comando in provincia di Varese. Forse proprio per questo chi la “vede lunga” predica calma e, in maniera ecumenica, tende la mano agli “amici-nemici”.

«Ma non tutti capiscono che dentro al partito e dentro l’alleanza bisogna smorzare le tensioni», aggiunge qualche Fratello davanti alle immagini della sala di VareseVive. Ma cosa ha dato fastidio di quella serata?, chiediamo.
Proviamo a riavvolgere il nastro di qualche giorno: venerdì sera Mario Mantovani è tornato in terra varesina per presentare il proprio libro. Spunto per fare un po’ di campagna elettorale, suvvia. E tra i tanti presenti (la sala era incontestabilmente piena) brillava l’assenza dei militanti storici. In sintesi: mancava l’intera filiera di chi il carretto lo tira da anni e da ben prima dell’impennata percentuale. Che, guarda caso, erano tutti a Busto a festeggiare chi, in termini di militanza a destra, batte proprio tutti: Ninetto Pellegatta.

Risultato: mentre Mantovani parlava alla platea dell’amministratore di sostegno, c’era chi contava (tra i presenti) la corrente varesina dell’ex sindaco di Arconate rientrato alla grande nella politica di primo piano. Ma l’osservato speciale non è tanto il senatore “ritrovato”, quanto chi si muove attorno a lui. “Fratellini”, li battezza qualcuno. Per via dei pochi anni di militanza nel partito, e anche dell’esuberanza che appartiene proprio ai più piccoli della fratellanza. Quasi nessuno, infatti, arriva da Alleanza Nazionale e quasi tutti sono saliti sul carro della Meloni quando già marciava a velocità sostenuta.

“Scazzi” che rischiano di far perdere l’orizzonte. Perché un conto sono le Europee (Mantovani giocherà quella partita), un altro le Amministrative. Ed è nella trincea locale che il partito deve uscire all’altezza dei numeri nazionali. È a livello territoriale, quello più vicino alla gente, che il partito della Meloni vuole almeno incrementare i consiglieri eletti e raddoppiare il numero dei sindaci al comando. Per tale motivo avanzano ambizioni di avere un candidato anche a Cardano al Campo (che non sarà Franco Colombo), a Malnate (continuano a puntare su Damiani) e a Carnago. Oltre a quelli quasi certi di Brebbia (Francesca Marino), Gavirate (Simone Foti), Solbiate Olona (Luigi Melis). Con la “grana” Caronno Varesino ancora tutta da risolvere.
Insomma, la sensazione è che Fratelli d’Italia possa (ma non vuole) fare il “bello e cattivo tempo” dentro la coalizione di centrodestra. Il problema non sono tanto la Lega e Forza Italia, costretti a fare buon viso a cattiva sorte, bensì gli uomini e le donne militanti che, per vanità personale, rischiano di non essere all’altezza della sfida.

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