Il guerrafondaio Macron e l’ambiguità strategica

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Emmanuel Macron

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, credo di poter dire che non viviamo in un bel clima e non possiamo essere tranquilli. Il presidente Macron si è permesso di dire che bisogna mettere gli stivali sul suolo ucraino senza aver sentito i colleghi europei e subito si sono levate proteste e distinguo da tutte le “cancellerie occidentali”. Parole decisamente troppo forti, parole sostanzialmente ostili. Tutti i governi democratici hanno intonato cori pacifisti. Evidentemente settant’anni di pace in Europa hanno davvero anestetizzato i suoi popoli incantandoli con la lieta novella che, dopo la caduta del muro di Berlino, la guerra in Europa non sarebbe più stata possibile.

Intanto nel Mar Rosso gli Houthi attaccano le navi occidentali senza chiedere scusa. Intanto la superpotenza americana, che ha di fatto garantito questa “pace” nei territori devastati dalle guerre del Novecento, inizia a chiedersi se il prezzo dell’ombrello Nato non sia troppo alto. Intanto lo “zar” russo minaccia, un giorno sì e il giorno dopo ancora, l’uso delle armi nucleari. E nessuno alza un grido d’allarme. Nessuno grida che è una pazzia. Nessuno dice che la minaccia è reale. Forse è bene ricordare che Putin aveva già annunciato che riteneva i confini russi minacciati, che la Crimea era di fatto territorio della Federazione Russa, che vi erano (e ancora vi sono) numerose popolazioni di lingua russa al confine della madrepatria che desideravano rientrare in seno alla grande “madre” Russia. Abbiamo purtroppo constatato che alle parole, poco dopo, sono seguiti i fatti. E l’Europa assonnata è stata appena disturbata dai boati dei cannoni, dei missili e delle bombe. Ma ancora dorme.

Se un leader occidentale dovesse affermare che anche noi abbiamo una deterrenza nucleare credo che le piazze di casa nostra sarebbero sommerse da cortei di antimilitaristi e di pacifisti. Eppure la minaccia è reale e prima ci rendiamo conto che questi focolai di guerra sono terribilmente pericolosi e che l’incendio potrebbe divampare nel giardino di casa, prima forse potremo contrastare le minacce bellicose degli autocrati. Ovviamente nessuno vuole uno scontro con la Russia ma considerare che questo è di fatto negato da tutti i governi occidentali è mettere in mano allo “zar” un convincimento che lo potrebbe spingere ad altre azioni scellerate. Significa dare un grande “vantaggio” alla politica aggressiva di Putin. Ho già ricordato che Churchill era convinto che ciò che i russi amano di più è la forza e ciò che rispettano di meno è la debolezza, soprattutto militare.

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Ivanoe Pellerin

“L’ambiguità strategica” è un concetto molto diffuso fra i comandi militari, particolarmente degli Usa. Significa che l’avversario non deve conoscere in anticipo le nostre mosse future e proprio per questo possa temerle. Gli americani, in base al Taiwan Relations Act del 1979, forniscono montagne di armi ai taiwanesi, mandano le loro portaerei nel Mar Cinese Meridionale a mostrare la bandiera a stelle e strisce all’Esercito Popolare di Liberazione. Per oltre quarant’anni gli Stati Uniti non hanno mai voluto chiarire formalmente come reagirebbero in caso di invasione: questo è il cuore della «Strategic ambiguity», studiata sia per scoraggiare la Cina da un’azione militare, sia per dissuadere fughe in avanti dell’isola verso una dichiarazione di indipendenza che accenderebbe la miccia.

Le parole di Macron meritano molta attenzione e considerazione non solo per quanto sopra sottolineato, ma anche perché molti leader europei non dicono che, in realtà, il timore di una fine anticipata della Nato non è da escludere, a prescindere dalle elezioni americane di novembre. Sono certo di avervi già ricordato come l’isolazionismo è sempre stato presente nella politica americana, anzi potremmo anche dire che gli Stati Uniti sono nati per lasciare l’Europa al suo destino. Fu Theodore Roosevelt, il ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti d’America, quello della politica del “grosso bastone”, che portò l’America sul suolo europeo a combattere la Prima guerra mondiale. Ai nostri tempi molti candidati alla Casa Bianca, da Bill Clinton a Bush Junior, hanno portato nel loro programma elettorale elementi di disimpegno sul fronte internazionale, disimpegno sempre molto apprezzato dagli americani. Poi naturalmente un conto sono le dichiarazioni elettorali, e un conto sono le realtà che si devono affrontare una volta giunti al governo.

Se l’America dovesse davvero disimpegnarsi l’Europa avrebbe molti problemi, il primo dei quali è la propria difesa. A questo proposito occorre sottolineare che la Francia è la nazione che spende di più per gli armamenti. Anche la Gran Bretagna. È anche vero che queste due nazioni possono vantare nella loro storia due leader dalla grande visione geopolitica, Charles de Gaulle e Margaret Thatcher. Sorge un altro importante interrogativo. Macron potrebbe mettere l’arsenale nucleare francese agli ordini di un comando europeo integrato? Non scordiamo che la Francia è piuttosto gelosa della propria deterrenza militare. Inoltre l’Europa dovrebbe al più presto impegnarsi per impiegare il 2% del Pil sul versante degli armamenti ma per Scholz e anche per Meloni ciò potrebbe risultare molto difficile a causa dell’anima pacifista che pare prevalga fra i popoli europei.

Cari amici vicini e lontani, molti attenti osservatori come Federico Rampini, Aldo Cazzullo e Antonio Polito e perfino Paolo Mieli hanno già sottolineato l’incertezza e la pericolosità di questa situazione. Nella recente intervista al Corriere della Sera del 3 marzo 2024 il ministro della Difesa Crosetto circa gli aiuti all’Ucraina ha risposto: “Aiutare l’Ucraina a difendersi è uno dei modi per evitare l’allargamento della guerra. Se Kiev fosse caduta, la Russia sarebbe arrivata in Europa e ci sarebbe stata una reazione”. E poi ha aggiunto che non abbiamo pensato alla difesa collettiva adeguata perché “tanto c’era l’America”. Oggi questa faccenda si complica. Non mi piace l’idea che l’America possa disimpegnarsi dall’Europa ma dobbiamo renderci conto che i tempi sono cambiati e dobbiamo essere capaci di affrontarli. È fin troppo facile ricordare l’allocuzione latina: “si vis pacem, para bellum”. Ma i nostri antenati la sapevano lunga e hanno conquistato il mondo.

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