Il museo dimezzato. Dalla politica

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L’argomento non è di quelli che accendono le folle, ma la decisione di destinare ampi spazi del Maga, il museo d’arte moderna di Gallarate, per ospitarvi la biblioteca civica dovrebbe perlomeno generare un dibattito che vada oltre il perimetro gallaratese. Siamo consapevoli di esporci al dileggio dei molti che, al posto dei quadri di Fontana o Rosai, vedrebbero bene gli scaffali di un supermercato, ma il tema ci sembra al contrario serio e paradigmatico rispetto a una struttura che dovrebbe risultare un vanto per l’intera provincia di Varese e invece è un problema per la sola Gallarate. La cui giunta ha valutato di progettare il drastico ridimensionamento dei padiglioni espositivi, che richiedono sacrifici economici per la loro gestione, destinandoli in parte all’attività della biblioteca civica, ora collocata nell’angusto quanto storico edificio di piazza San Lorenzo.

Attorno a una collocazione adeguata alle moderne necessità della conservazione e della fruizione dei libri e dell’intero patrimonio bibliotecario, a Gallarate si discute da alcuni decenni. Soluzioni ne sono state individuate almeno un paio, poi trasformatesi per una ragione o per l’altra, ma sempre per scelte fuori luogo della politica, in un nulla di fatto. Sia come sia, si è arrivati all’ipotesi di servirsi del museo di via De Magri. L’uovo di Colombo, si dirà. Ma anche lo svilimento dello stesso Maga, avviato al basso profilo proprio per la futura convivenza con un’altra realtà operativa con le sue esigenze e i paletti che porrà.

Altro che grandi mostre, altro che grandi progetti. Eppure, quando nacque, sotto l’egida del ministero della Cultura, il Mibac, lesto a defilarsi dai suoi obblighi, il museo d’arte moderna si pose a riferimento culturale e artistico dell’intera area. La rassegna inaugurale, dedicata ad Amedeo Modigliani, richiamò l’attenzione nazionale. Poi, via via, l’entusiasmo si spense, fino a definirne l’attuale grado di disinteresse pubblico. Che riguarda enti istituzionali di primo livello (Regione, Provincia) fino ai Comuni, piccoli o grandi, del circondario e del Varesotto che non hanno capito, o non vogliono capire, l’importanza culturale e collettiva del presidio museale e hanno lasciato sola Gallarate.

Non si tratta ora di individuare precisi responsabili e cause vere della scarsa considerazione di cui gode il Maga; né ci sentiamo di ripetere le solite tiritere attorno alla povertà di idee e di spirito amministrativo, alla mancanza di sinergie col territorio, ai campanilismi di città vicine con le quali si era cominciato a dialogare, all’inerzia di una classe politica che considera la cultura un peso e non una risorsa. Sbagliando clamorosamente: la stessa politica prenda a paragone altre simili realtà del nostro Paese che invece viaggiano a mille all’ora e si renderebbe conto di come abbia perso il passo su questo versante. O più semplicemente, la politica guardi alla vicina Busto Arsizio, dove la cultura, nonostante la penuria di risorse e la ritrosia di una certa parte della classe dirigente locale, sta rivitalizzando in modo decisivo quella città. Merito delle persone, non del contesto economico, sociale e strutturale in cui operano.

Pensavamo che l’incendio di San Valentino, che nel 2013 mise a repentaglio il Maga, segnasse la sua fine. Non era vero, più che il fuoco potè e può la politica. In tutti i sensi.

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