La prima volta di Malpensa

Dalla Lega al Pd, da Fratelli d’Italia al Movimento 5 Stelle, passando per i sindaci del CUV e per la Camera di Commercio: forse solo in qualche dibattito elettorale si era visto l’intero “arco costituzionale” del territorio – politico, istituzionale ed economico – mobilitarsi per discutere vis à vis del futuro di Malpensa. Tema sempre caldo e controverso, che spesso induce la politica a trattarlo o in termini puramente propagandistici oppure a colpi di “supercazzole”, se non a starne alla lontana.

Onore al merito, dunque, a Gigi Farioli e alla sua Officina delle Idee per aver radunato tutta la politica del territorio – da destra a sinistra passando per il centro e per la cosiddetta “società civile” – attorno al tema chiave dello sviluppo dell’aeroporto nel convegno di villa Calcaterra a Busto Arsizio. Raramente, o forse mai, si era vista una partecipazione così vasta e trasversale ad un dibattito su Malpensa. Tema che per troppo tempo è stato trattato in modo quasi settario – da una parte i “pro Malpensa” e dall’altra i “No Malpensa” – oppure fin troppo targettizzato, gli ambientalisti, i sindacati, il mondo produttivo, i singoli schieramenti politici. Con la conseguenza che il presente e il futuro di Malpensa è sempre stato, fin dalla sua nascita nel 1998, lasciato alla mercé dei chiari di luna della politica milanese o romana, l’una preoccupata per troppo tempo di tutelare l’aeroporto di Linate anche quando andava ridimensionato per il bene di Malpensa, e l’altra di fare gli interessi della potente “lobby” di Fiumicino.

Ora, non sarà probabilmente la “rondine” di villa Calcaterra ad annunciare una nuova primavera di unità della politica per Malpensa, ma l’esempio della serata organizzata da Gigi Farioli non va disperso. L’aeroporto è un asset strategico di questo territorio da tempo in cerca di una nuova vocazione e va difeso facendo squadra dal basso. Anche perché è evidente che lo status da “Repubblica marinara” – per citare Mario Aspesi – di un aeroporto gestito da una società di proprietà del Comune di Milano in terra varesotta (vera e propria gallina dalle uova d’oro per i bilanci di Palazzo Marino) rende per definizione complicato il lavoro di chi deve contemperare le esigenze di sviluppo di Malpensa con gli interessi – ambientali, sociali, occupazionali, viabilistici – di chi lo scalo lo “vive” da vicino. Ma è solo facendo squadra – e apparendo compatti sugli obiettivi, a livello di lobby territoriale, ai tavoli che contano di Milano e Roma – che si possono ottenere risultati concreti per la nostra provincia.

Quali? Le infrastrutture previste già nel Piano d’area del 1999 e mai realizzate, per fare un esempio. Ma anche le tanto agognate ZES e ZSL, ovvero la Zona economica speciale e la Zona logistica semplificata, che potrebbero portare nuove imprese e occupazione qualificata attorno allo scalo e risolvere gli annosi problemi delle aree dismesse che testimoniano un passato industriale destinato a non ritornare mai più. Sono questioni decisive per affrontare un declino che la provincia di Varese sta iniziando a sperimentare sulla propria pelle e che non può certo superare se non partendo da quella che è la sua prima “fabbrica” in termini occupazionali. Dopo l’estate toccherà alla politica – non solo locale ma anche ai livelli superiori – battere un colpo per capire se è davvero il momento di cambiare marcia su Malpensa.

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