Lavoro, 9 infortuni mortali in provincia di Varese nei primi 8 mesi dell’anno

VARESELavoro in sicurezza? Il primo a crederci deve essere il lavoratore. È il dato emerso da un convegno sul tema (nella foto) organizzato a Palazzo Estense dall’Organismo Paritetico Provinciale. Il totale degli infortuni può scendere se il dipendente accetta norme e regole che lo proteggono, e nel Varesotto gli esempi non mancano. Ma intanto i numeri fanno riflettere, a partire dai 9 infortuni mortali registrati nel 2022.

Infortuni in aumento

Sono 6.700 gli infortuni sul lavoro nella provincia di Varese nei primi otto mesi dell’anno, il 26% in più rispetto allo stesso periodo del 2021, quando furono 5.310. In tutto sono stati nove quelli mortali, più di uno ogni trenta giorni. Numeri impietosi quelli forniti dall’Inail provinciale, utili ancora una volta ad accendere i riflettori su un fenomeno che non accenna ad attenuarsi e che, tra le vittime, vede aumentare in modo esponenziale le donne. La sicurezza sui luoghi di lavoro era e resta dunque una priorità a Varese, in una regione come la Lombardia al primo posto nazionale come numero di incidenti che avvengono nello svolgimento delle proprie mansioni o in itinere.

Sicurezza da entrambe le parti

Ma la sicurezza deve essere garantita e rispettata da entrambe le parti: da quella del datore di lavoro che deve adoperarsi per applicare norme e leggi in materia e da quella del dipendente che deve adottare precauzioni, protezioni e sistemi che gli vengono messi a disposizione. Un doppio impegno, rilanciato nel corso del convegno promosso a Palazzo Estense dal titolo “La sicurezza: un mestiere difficile” nell’ambito della settimana dedicata alla sicurezza. È stato Alessandro Castiglioni, che presiede l’Organismo Paritetico Provinciale, ad aprire le riflessioni, ponendo l’accento su quanto sia di fondamentale importanza il comportamento individuale non sicuro che, dati alla mano, «è alla base di una quota rilevante di incidenti e infortuni che varia dal 60 al 90 per cento». Decisivo dunque il cambio di mentalità e l’approccio del lavoratore: «bisogna creare una cultura sulla sicurezza, che ha un valore enorme e decisivo».

La case history

Migliorare il comportamento individuale di sicurezza dei lavoratori è perciò la strada da seguire, ed è esattamente l’obiettivo del programma “Sicuri per Mestiere”, protocollo adottato da un numero sempre maggiore di imprese. Tra queste Tigros, che con il suo responsabile delle risorse umane Giovanni Slavazza ha portato all’attenzione della platea la case history dell’azienda. Nella catena di supermercati il programma è stato inizialmente sperimentato per i macellai che operano all’interno degli oltre 70 punti vendita, «lavoratori più esposti al rischio di infortuni per la natura stessa delle loro mansioni». Il programma, «che non sostituisce ma completa nel normativa in materia», ha portato i risultati auspicati ed è perciò stato esteso ad altri settori aziendali. La percentuale sulle ore lavorate degli infortuni invalidanti è scesa dallo 0,34 del 2015 allo 0,27 del 2022, «ma soprattutto è migliorata la percentuale di comportamenti sicuri dei lavoratori che ora raggiunge il 100%». Anche Slavazza ha insistito sul ruolo centrale del dipendente: «È lui per primo a dovere volersi bene. L’azienda gli offre l’opportunità di farlo ma lui deve crederci. Noi negli anni siamo riusciti a fare capire a tutti i nostri lavoratori l’importanza del rispetto delle buone pratiche. Possiamo dire di avere creato una cultura sulla sicurezza, anche grazie a un sistema premiante a favore di chi meglio applica i comportamenti a propria tutela».

Il protocollo e la legge in materia

Il protocollo “Sicuri per mestiere” è invece stato illustrato da Lucia Marchesi, manager director di Izidoo, realtà attiva nel campo della formazione. La sua relazione è partita da due numeri choc: 1.221 morti sul lavoro in Italia nel 2021 e 105 miliardi di euro di costo sociale per gli infortuni sul lavoro. Fabio Conti, docente di Ingegneria per la sicurezza del lavoro e dell’ambiente all’Università dell’Insubria, si è invece soffermato sul Decreto legislativo 81. Si è trattato di un “ripasso” del testo unico, ripercorso in pillole, con un attento focus finale sulle figure di garanzia. Tra queste quella del preposto, vero e proprio anello centrale nella catena che porta al rispetto di regole e norme. «Il suo è un ruolo fondamentale», ha spiegato Conti. Rimarcando però le difficoltà delle piccole imprese ad avvalersi di questa figura.