L’effetto indiretto del Covid anche sui bambini nati negli ultimi due anni

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Circa 734 mila bambini nati nei due anni della pandemia non hanno conosciuto il mondo pre-covid, 876 mila hanno frequentato la scuola dell’infanzia in modo discontinuo e 5 milioni di studenti hanno affrontato il loro primo anno di scuola elementare, media e superiore con scarsissime opportunità di interazione sociale. Sono alcuni dei dati di cui parla, in una sorta di focus reso noto alla stampa, l’organizzazione Save the Children e che sono utili a comporre una fotografia delle conseguenze del Coronavirus sulle giovanissime generazioni.

Una generazione sospesa

Fra gli altri dati interessanti ben 1 milione e mezzo di alunni di primaria, 1 milione e 600 mila studenti al primo anno delle medie e 1 milione e 707 mila adolescenti all’ingresso delle superiori, hanno iniziato i nuovi cicli di studio affrontando maggiori difficoltà di ambientamento e costruzione delle relazioni con i nuovi insegnanti e compagni. Sono come una “generazione sospesa” nel limbo del virus; bambine, bambini e adolescenti che – fa osservare l’ente molto attivo nella tutela dei minorenni -, in un silenzio assordante, ha fatto ciò che l’essere umano sa fare meglio: adattarsi.

Fra i comportamenti a cui sono stati costretti piccoli e meno piccoli e che hanno provocato serie conseguenze: lo stendere le braccia per tenersi alla giusta distanza dagli altri, filtrare le lezioni attraverso lo schermo del computer o del cellulare, non condividere con i compagni di scuola una gita e, spesso, nemmeno il tempo dell’intervallo o imparare a leggere e a scrivere con la mascherina decifrando suoni attutiti. Bambini e ragazzi hanno subito un grave impoverimento relazionale durante il loro percorso di crescita, che rischia di tradursi in un drastico aumento di disturbi psico-fisici.

 All’avvio del terzo anno di pandemia in Italia – rileva Save the Children – si delinea infatti chiaramente come l’emergenza stia incidendo sulle fondamentali fasi di crescita e sviluppo dei bambini. Il crollo degli apprendimenti – certificato dai dati Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – è “solo una delle facce del problema, che riguarda fortemente anche la sfera emotiva e relazionale”.

Un mondo chiuso

Nel 2020 e fino all’ottobre 2021, 734 mila neonati sono venuti al mondo circondati da adulti spesso coperti in volto dalle mascherine e, fatta eccezione per periodi in cui le misure di contenimento della pandemia sono state allentate, hanno vissuto in un mondo chiuso e proiettato all’interno dei nuclei familiari. Hanno percepito – viene sottolineato nell’analisi – a volte le tensioni dei genitori per la salute e le difficoltà da affrontare e, soprattutto per i bambini nati nei contesti più svantaggiati, sono venuti a mancare degli importanti stimoli che avrebbero potuto ricevere da una dimensione sociale più allargata.

Se le difficoltà “ai blocchi di partenza” hanno complicato i primi anni di vita di molti bambini, gli ultimi due anni non sono stati facili per gli 876 mila bambini che frequentavano già la scuola dell’infanzia e che hanno dovuto fare i conti con discontinuità e frammentazione di un’esperienza centrale per il loro percorso educativo. La preclusione della dimensione sociale è stata particolarmente difficile per i 31 mila bambini e bambine con qualche forma di disabilità di questa fascia d’età che, in diverse fasi hanno dovuto rinunciare alle relazioni fondamentali con i coetanei e con gli educatori. In un percorso già denso di ostacoli, 110 mila minori di origine straniera tra i 3 e i 6 anni sono stati più esposti al rischio di deficit di opportunità di integrazione, a causa della scarsa pratica della lingua italiana all’interno del nucleo familiare.

Il condizionamento di Internet

La perdita di relazioni con i pari, la sovra-esposizione alla rete internet, la riduzione dell’attività fisica hanno pesato ancor più gravemente sui bambini che hanno vissuto, con le loro famiglie, un drammatico impoverimento economico. In un solo anno, infatti, la povertà minorile è aumentata di 200 mila unità, arrivando a colpire più di 1milione 300 mila bambini.

   “Per un adolescente, il deficit di relazioni sociali è altrettanto, se non più grave, della perdita di apprendimento prodotta dalla pandemia. – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia Europa di Save the Children -. Così come giustamente ci interroghiamo su come rafforzare l’offerta formativa per superare il gap di conoscenze che si è prodotto in questo periodo, allo stesso modo dobbiamo prendere urgenti provvedimenti per colmare il deficit di socialità che sta colpendo la crescita dei ragazzi, con conseguenze talvolta drammatiche”.

Quello affrontato è un argomento inizialmente meno trattato da istituzioni, Regioni e Stato e certamente comprensibilmente vista l’emergenza sanitaria. Ora però – grazie anche al vaccino e ai primi medicinali in grado di evitare conseguenze gravi a causa del Covid – è il momento di affrontare anche questo aspetto a garanzia del diritto alla salute di tutti i bambini e gli adolescenti.

Angela Bruno

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