Omicidio di Marnate, chiesti 6 anni per il figlio che uccise Maria Facchinetti

MARNATE – Omicidio di Maria Facchinetti: chiesti 6 anni e 6 mesi per il figlio Angelo Paganini (difeso dall’avvocato Paola Monno), reo confesso di aver assassinato la madre 88enne prima di tentare il suicidio per impiccagione. I fatti risalgono allo scorso mese di giugno; l’assassinio consumato nell’abitazione di via Marconi, dove i due vivevano. Accusa e difesa hanno concordato sulla difficoltà della situazione che il figlio si era trovato a fronteggiare, resa pesantissima da un episodio di depressione maggiore diagnosticata a Paganini. L’accaduto è una tragedia scaturita in un contesto di disperazione e solitudine.

Le riflessioni sull’eutanasia

Nella foto l’avvocato Paola Monno

L’avvocato Monno ha chiesto l’assoluzione definendo benevolo l’atteggiamento nei confronti del figlio e compassionevoli le motivazioni che lo avevano spinto a uccidere. Ha citato inoltre passaggi della lettera con la quale l’imputato aveva intenzione di punirsi con la morte dopo aver chiesto scusa ai famigliari per non essere stato all’altezza. Lo stesso difensore ha introdotto il tema dell’eutanasia, ponendo molti spunti di riflessione alla Corte d’Assise presieduta da Rossella Ferrazzi. Anche perché, come un’anziana allettata e ridotta a stato vegetativo avrebbe potuto prestare il proprio consenso alla morte? La signora – ha detto l’avvocato Monno – non c’era più, innanzitutto nella qualità di vita per lei. Il legale ha sottolineato anche come all’epoca del fatto la capacità del proprio assistito era grandemente scemata: pochi mesi prima c’era già stato un primo tentativo di suicidio. Paganini viveva un delirio entro il quale la sola soluzione era uccidere. «Non era in grado di affrontare un problema e risolverlo», dice il perito. Paganini era in sintesi incapace di chiedere aiuto rivolgendosi, ad esempio, ai Servizi Sociali. Per la difesa, non comprende la valenza antisociale del suo comportamento. Monno ha chiesto l’assoluzione per totale incapacità e, in subordine, il minimo della pena.

L’umanità dell’accusa

Nella foto il Pm Ciro Caramore

Il Pm Ciro Caramore in sede di requisitoria ha riconosciuto una parziale incapacità da parte del reo, lasciato solo dallo Stato a fronteggiare una situazione pesantissima dovendo accudire 24 ore su 24 la madre affetta da malattia degenerativa e allettata ormai da due anni.
Le condizioni dell’anziana erano tali che a Paganini è bastato un abbraccio per ucciderla. Sul corpo nessuna traccia di violenza: la donna fu trovata a letto, in ordine, con le mani giunte a tenere un rosario. La decisione del figlio di togliersi la vita e portare la madre con sé, secondo l’accusa era dovuta al fatto di non voler lasciare sola l’anziana malata e di non voler gravare sui famigliari che avrebbero dovuto accudirla in sua vece. Il pubblico ministero, credendo al sentimento del reo, ha chiesto che le attenuanti siano prevalenti alle aggravanti. La Corte deciderà il 22 settembre.

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