VISTO&RIVISTO La strana alleanza contro una malavita senza più regole

minchella andò visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

IL BAMBINO NASCOSTO, di Roberto Andò (Italia 2021, 110 min.).

Roberto Andò scrive un romanzo interessante. Non contento ne estrapola un soggetto ed una sceneggiatura perfetti per un racconto sussurrato e intimo. Decide di chiudere il cerchio realizzando questo “Il Bambino Nascosto” che, forse, solo lui avrebbe potuto girare con tanta poesia e tanta sincerità. Il risultato, infatti, è notevole e l’intero progetto diventa un necessario e personale viaggio nella solitudine e nell’atavico duello tra il bene ed il male. Poetico, silenzioso, poco illuminato, il viaggio che Andò ci fa compiere diventa presto una parabola in cui i due protagonisti, lontani anagraficamente e socialmente, diventeranno presto gli ingredienti unici e necessari per opporsi ad una malavita ormai diventata vendicativa ad ogni costo e che è pronta ad sacrificare anche i bambini.

La storia ruota attorno al professore di musica Santoro, un Silvio Orlando mai così convincente, ed al piccolo Ciro che trova rifugio nella gigantesca e polverosa casa del professore. In una Napoli bellissima, antica ma rovinata dagli anni di non curanza e dalla massiccia presenza della criminalità, i due protagonisti trovano riparo da una vita complicata dalle incomprensioni e dalle profonde divergenze con le rispettive famiglie. I silenzi, la luce soffusa e la musica scarna e profonda di pianoforte diventano la colonna portante di tutta la durata del film. La solitudine di cui non sappiamo nulla del protagonista diventa la chiave di volta per un’alleanza improbabile ma vitale tra il disilluso professore Gabriele e il piccolo spaccone e fragile Ciro.

Il bambino, che è in pericolo di vita per una bravata che ha causato il ferimento della mamma di un boss del quartiere, decide di rifugiarsi da quel professore che nulla ha a che fare con la criminalità a cui appartiene la sua famiglia che, invece, convive con la brava gente che sopporta sommessamente la prepotenza e i soprusi che quotidianamente vengono perpetrati. Questa contrapposizione, tra i silenzi dei buoni e le grida dei cattivi, diventa terreno fertile per analisi profonde sui nostri rapporti famigliari e sui dolori che spesso ci causano quei rapporti. Le scelte coraggiose, spesso, sono quelle poco gridate e di cui pochi ne sono a conoscenza. Il coraggio di un uomo risiede spesso in piccoli ma determinanti gesti che possono salvare una vita.

La narrazione diventa subito una linea dritta e discreta. Tra una citazione di Ulisse e una sinfonia onirica di Schumann, la vicenda si snoda in mezzo a paure, angosce, rimorsi e qualche risata che squarcia con forza una tensione calibrata e scolpita da un bravissimo Roberto Andò. Tanta è la pressione e, quasi, la claustrofobia dell’impianto scenico che quando vediamo Gabriele e Ciro giocare e ghignare come due bambini ci scordiamo di dove siamo e di quanto possa essere disumano il codice di vendetta tra i clan di camorra.

Quel gioco dei mimi diventa la speranza per un futuro migliore non solo pe Ciro, ma anche per tutta la brava gente che ogni giorno si sforza di convivere con la violenza e l’inciviltà della malavita. Un’attenta riflessione, questa storia, sul concetto reale di legge e di giustizia, di pietà e di miseria, di coraggio e di codardia. Andò inserisce nel suo libro, prima, e nel film, dopo, una serie di interessanti spunti di riflessione sulla difficoltà di convivere con ciò che è diametralmente opposto a noi. Ma trovando la chiave per la comprensione e la convivenza possiamo trovare la chiave della vita. Un abbraccio, un gioco, una carezza diventano linguaggio universale tra solitudini che cercano calore e famiglia.

Se ripeterai come un mantra “non tieng’ paura ‘i’ nisciuno” allora sarai pronto ad affrontare tutte le variazioni che la vita ha sempre in serbo per noi. Meglio se in compagnia di chi ci ama e di chi ha il potere di proteggerci.

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RIVISTO

IL LADRO DI BAMBINI, di Gianni Amelio (Italia- Francia- Svizzera- Germania 1992, 114 min.).

Forse il capolavoro assoluto di Gianni Amelio. Un Enrico Lo Verso magistrale insieme a due bambini per la prima volta davanti una macchina da presa diventano una famiglia “sui generis” che viaggia per tutta Italia tra le ipocrisie e le brutalità che la società moderna sembra riservare ai bambini e agli ultimi.

Una potente riflessione sulla vergogna e sul potere di riscatto che chiunque possiede. Un’Italia bigotta e miope diventa lo sfondo di una storia di violenze, diseguaglianze e di riscatto. Amelio poeta dell’anima e della speranza.

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