Morire per Taiwan, la prossima guerra?

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Stretta di mano al G20 tra Xi Jinping e Joe Biden

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, siamo tutti contenti che i due leaders più potenti del mondo si siano (14 novembre 2022) stretti la mano al G20 di Bali in Indonesia con apparente cordialità dopo più di due anni di indifferenza e di indisponibilità. Biden è arrivato dopo un semi successo alle elezioni di midterm per aver arginato la prevista avanzata del partito repubblicano, Xi Jinping dopo il terzo mandato come presidente della Repubblica Popolare Cinese e Segretario del Partito Comunista Cinese. Annoto che Biden avrà delle evidenti difficoltà sia con la Camera a causa della maggioranza repubblicana sia al Senato dove ancora non si sa quale partito potrà prevalere. Xi Jinping ha ormai un potere praticamente assoluto, anche maggiore di quello dell’”eroe” della nazione cinese Mao Tzedong.

Mentre Biden dovrà impegnarsi per la nomination niente affatto scontata del partito democratico per le elezioni del 2024, Xi viene ormai considerato un leader/dittatore inamovibile da svariati osservatori politici e accademici internazionali poiché, sotto la sua presidenza, in Cina si sono affermati un aumento della censura e della sorveglianza di massa, il deterioramento dei diritti umani, il culto della personalità e l’abolizione dei limiti di mandato per la (sua) presidenza. Il Comitato centrale, il Politburo, il suo Comitato permanente e la Commissione militare centrale guidata da Xi, responsabile per l’Esercito popolare di liberazione, sono dominati da fedelissimi del leader cinese.

Xi vuol passare alla storia come colui che ha promosso la Cina come superpotenza mondiale in evidente competizione con gli Stati Uniti d’America. Ecco allora che Taiwan, ancor più di Hong Kong, rappresenta non solo un alloro di grande prestigio ma anche un importante elemento geopolitico poiché rappresenta per la marina militare cinese la porta aperta sul Pacifico, fino ad ora presidiato dagli USA. Nel tempo passato anche Mao avrebbe voluto annettere l’isola ma i numerosi tentativi d’invasione con sbarchi armati e svariati bombardamenti sulla piccola isola di Kinmen che dista solo 15 Km. dalle coste cinesi come nel maggio del 1958, sono risultati vani e, alla fine, ha dovuto rinunciarvi.

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Ivanoe Pellerin

La costa occidentale di Taiwan dista dalla Cina circa 130 Km., è grande 1/3 più della Lombardia (36.197 Kmq. / 23.844 Kmq.) e la popolazione consta di circa 23 mln di persone. A Taiwan si vive con “ottimismo” (come si dice da queste parti), in modo tranquillo e ordinato, pur sapendo che la di là dello stretto un colosso economico e militare ha enormi desideri di conquista e grandi appetiti geopolitici. La popolazione è gentile e accogliente ed il luogo appare al visitatore moderno pieno di riferimenti culturali della Cina. Un ricco patrimonio naturale è testimoniato da piccoli borghi e da bellissimi templi. Taipei, la capitale, risulta essere meno caotica di tante altre città asiatiche; è coperta in maniera perfetta dai mezzi di trasporto e anche il costo della vita non è alto quanto Singapore o Tokyo.

Insomma l’isola permette al visitatore una permanenza facile, sicura e ricca di interessanti sollecitazioni. Non per nulla Taiwan viene chiamata “la perla nascosta dell’Asia”. L’attuale presidente, la signora Tsai Ing-wen, guida un piccolo paese, ricco, prospero, civilissimo e “democratico”. Il suo governo si appoggia a quello degli Stati Uniti e la Casa Bianca fa intendere “fra le righe” che un’aggressione cinese provocherebbe la reazione americana. Non dimentichiamo che Taiwan è una grande produttrice di semiconduttori che sono necessari a tutto l’occidente ed anche a molte nazioni dell’Indopacifico.

Torniamo all’incontro Biden – Xi. Dopo più di tre ore di colloquio non vi è stato alcun comunicato congiunto. Biden ha chiesto all’omologo cinese di far pressioni sulla Corea del Nord per una politica più responsabile e meno aggressiva. Ha però incontrato i leader del Giappone e della Corea del Sud per discutere i test missilistici nordcoreani cha hanno sconvolto la regione. Ha affermato che “Avviare una guerra tecnologica o commerciale non è nell’interesse di nessuno”, nonostante Cina e Usa siano ai ferri corti sui dazi commerciali. Secondo una nota diffusa dalla Casa Bianca gli Stati Uniti e la Cina dovranno lavorare insieme per affrontare molte sfide internazionali quali il cambiamento climatico, la stabilità macroeconomica globale e la riduzione del debito, la sicurezza sanitaria e la sicurezza alimentare globale. Biden ha affrontato anche il tema dei diritti umani per le violenze e le discriminazioni in Tibet e sugli Uliguri nello Xinjiang (come denunciato dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani) e per aver bruciato gli accordi e le libertà di Hong Kong valevoli fino al 2047. Xi ha sbrigativamente respinto le accuse come interferenze negli affari interni della Cina.

Alla fine, mentre Biden affermava al mondo che “… non ci sarà nessuna nuova guerra fredda Cina-Usa” e che “Non ho colto alcun tentativo imminente da parte della Cina di invadere Taiwan”, Xi Jinping ha detto chiaramente che “la pace e l’indipendenza di Taiwan sono inconciliabili come l’acqua e il fuoco” ed ancora che la questione di Taipei “è la prima linea rossa per noi e non deve essere superata”.

Cari amici vicini e lontani, a mio parere, una cordiale stretta di mano ma nessuna sintonia. Ora il Pentagono aveva previsto l’invasione cinese per il 2027 ma, dopo la guerra in Ucraina, molti strateghi pensano che i tempi si siano accorciati di molto. Ora la domanda al cuore del problema: morire per Taiwan?

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