L’ospedale unico e l’ennesima sconfitta urbanistica

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Il metaprogetto del futuro ospedale unico tra Busto Arsizio e Gallarate

Ritornando al discorso dell’ospedale unico… La nostra e una storia di sconfitte (urbanistiche) e nonostante gli ormai più che evidenti problemi di vivibilità delle nostre città (trasporti, sostenibilità ambientale, servizi, verde pubblico), tanto che siamo ormai ad un passo dalla retrocessione nella categoria periferie malfamate, partiamo mentalmente sconfitti anche nell’approcciarci a nuovi progetti, ripetiamo ancora gli stessi errori di sempre.

Vorrei fare delle considerazioni su un caso emblematico per il nostro territorio: il progetto dell’ospedale unico, riprendendo delle argomentazioni che avevo già espresso in un articolo qualche tempo fa, in cui si evidenziava la necessità di una progettazione a più ampia scala al fine di controllare e governare delle scelte infrastrutturali e progetti di espansione urbana nel raggio di poche centinaia di metri dalla zona deputata alla costruzione del nuovo ospedale unico.

Mi concedo una digressione, al fine di far meglio comprendere quanto siamo distanti in classifica da chi riesce a fare delle città migliori delle nostre, per far ciò prendo ad esempio solo l’Europa ed escludo l’estremo nord Europa (troppo vantaggio). Avete mai provato a mettere a confronto, tramite le foto aeree di googlemaps delle periferie di città danesi, olandesi, tedesche, francesi ed escludo le svizzere, con le nostre? Sapete trovare le evidenti differenze?

La prima differenza è la definizione della città, intendo che la fine della costruzione è ben delineata, in genere c’è un limite netto tra città e campagna, da noi non è mai così evidente, soprattutto nella zona in cui viviamo. La seconda cosa è il verde: il verde pubblico, viali alberati, parchi, tutto ha una buona proporzione con l’abitato, il quale appare ordinato da regole, ed è la terza differenza. Per la quarta occorre scendere di scala, sino ad arrivare al confronto tramite streetview: c’è una gerarchia di strade ben delineata, ci sono piste ciclabili, marciapiedi, parcheggi di prossimità, insomma tutto sembra molto distante dal nostro quotidiano.

Le partite urbanistiche degli ultimi 70 anni, mettendo a confronto le immagini aeree, le abbiamo perse tutte, e di certo non possiamo recuperarle in tempi brevi.

Cosa ha retto delle nostre città? Quello che ha retto sono i nuclei storici, la struttura dei prime espansioni dell’inizio del novecento, comprese le fabbriche. Su questo possiamo essere orgogliosi del nostro risultato anche a confronto del panorama europeo.

Arriviamo all’ospedale unico, non vi sembra singolare che in un momento di stabilità demografica se non addirittura in recessione demografica e con enormi volumi inutilizzati e vuoti, la scelta sia quella di costruire togliendo altro territorio potenzialmente verde?

Chi è convinto di questa scelta dice una cosa apparentemente evidente e ovvia: costruire il nuovo costa meno che ristrutturare o demolire e ricostruire. La mia considerazione a riguardo è questa: dipende da come è stata fatta l’analisi costi benefici e mi riferisco alla necessità di conteggiare le risorse economiche, ma anche l’impatto ambientale dell’intervento della nuova costruzione, ma anche delle infrastrutture logistiche e di mobilità ed la previsione delle attuali aree dei due ospedali di Busto e Gallarate.

I sostenitori del nuovo ospedale su questo ultimo punto rispondono che quelle due aree costituiscono non un peso, ma una risorsa, ovvero possono essere bonificate e costruite (immagino), credo che soprattutto in questa prospettiva vada fatta un attenta valutazione costi benefici, includendo i costi ambientali e gli spazi per la mobilità e la perdita da parte della comunità degli attuali spazi dei due ospedali.

In teoria andrebbe fatta una valutazione anche riguardo ai benefici sanitari del nuovo ospedale. Fermo restando la necessità sia per il personale, che in ospedale ci lavora, sia per i pazienti di avere degli spazi adeguati e moderni per le cure, che devono essere garantiti con ogni soluzione che si adotterà, Non ho le competenze per addentrarmi in questo ambito, certo mi insospettisce il dato che leggo: ovvero che i posti letto con il nuovo ospedale saranno meno.

Questo tipo di valutazione non è stata fatta, evidentemente dato che è che il futuro delle due aree degli attuali ospedali non è ancora stato delineato, ciò nonostante, voglio seguire (nel ragionamento) la strada dell’ospedale nuovo e unico in periferia e mettere a confronto l’iter urbanistico che un progetto del genere avrebbe avuto in un qualsiasi Stato europeo.

In un altro Stato europeo un progetto di questo genere, tanto più con una così ingente spesa pubblica (si parla di 400 milioni di euro) sarebbe stata l’occasione per mettere mano ad interi settori di città, coinvolgendo anche operatori privati per la riqualificazione di spazi e abitazioni, immaginando un quartiere modello, con mobilità sostenibile (marciapiedi, piste ciclabili), infrastrutture del trasporto pubblico (tram stazioni, linee di trasporto pubblico, comunque necessarie per l’ospedale) verde, parchi, viali alberati, servizi e regole per le nuove costruzioni o ricostruzioni. In altri Stati poi non avrebbero perso l’occasione di mettere a sistema in questa riorganizzazione della città i due spazi centrali degli attuali ospedali, anche ad una scala più ampia, se vogliamo territoriale coinvolgendo magari il Ticino e l’Olona.

Paolo Carlesso
Consigliere comunale Fagnano Olona