Un sonoro No all’elogio della censura

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, in un recente articolo sulla storia americana confezionato per un giornale di motociclisti ho aggiunto il seguente post scriptum: “Sbalordito e rattristato dagli avvenimenti del 6.01.2021, sono convinto che la democrazia americana abbia in sé sufficienti anticorpi per affrontare il malanno che si è presentato in maniera così feroce. La terribile immagine di quel figuro tatuato con la pelle di bisonte (o simili) che devasta gli uffici del Senato americano è un’immagine che devasta la memoria dei Padri fondatori, la libertà cara agli americani ed anche la nostra civiltà occidentale.” A distanza di qualche giorno, ancora con molte preoccupazioni, sbalordito dalla facilità con la quale si possono assaltare i nostri principi legati ad una moderna democrazia, mi sento di fare alcune osservazioni.

Trovo un po’ troppo fragorose le facili critiche della vecchia Europa che nella sua storia recente ha permesso il fascismo in Italia, il nazismo in Germania ed il comunismo in Russia. Per non parlare della repubblica di Vichy che con Pétain governò l’area centro-meridionale della Francia dal 1940 alla liberazione (1944). Forse sarebbe opportuna un po’ di cautela sugli aspetti di una moderna democrazia che misura 250 anni senza mai cadere in un qualsiasi modello di autoritarismo/dispotismo. Ma vi è un altro elemento che mi preoccupa e, sono convinto, dovrebbe preoccupare molto anche voi. Il ritorno della censura, non quella affannosa, agitata, prepotente delle veline del Minculpop (propaganda fascista) ma quella d’alto bordo, aerea e morbida, raffinata  ed efficiente che viaggia nel mondo del Web, che non si vede e quasi non si percepisce.

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Ivanoe Pellerin

Mi ha molto addolorato leggere sul Corriere della Sera, il ben noto quotidiano a larga diffusione, un commento di Beppe Severgnini dall’eloquente titolo: “Ma la scelta di Twitter non è censura”, dove di fatto si approva il silenziatore che i grandi colossi dei social network hanno di fatto imposto alle parole di Trump. “I social non possono essere dei tubi vuoti dove passa di tutto” è un’impostazione, a mio parere, molto pericolosa. Chi decide cosa deve passare? Chi o cosa deve regolare il traffico di parole che affligge o affoga il mondo dei social? Non posso pensare che si deleghi a Zuckenberg e soci la possibilità di mortificare, di limitare o di bloccare il pensiero di alcuni o di altri o di chiunque e quindi la possibilità di influenzare pesantemente l’opinione pubblica attraverso il filtro del Pensiero Unico Corretto. Questo ancora eventuale, ma non molto lontano, paradigma del P.U.C. che decide sulla libertà di parola è francamente inaccettabile. La circolazione delle parole e delle idee non può e non deve essere vincolata alla loro provenienza, origine o sostanza.

Forse ci dimentichiamo come i vari monopoli e le varie multinazionali come Twitter, Face Book, Telegram con Google e compagnia, permettono dichiarazioni fondamentaliste dei leader islamici, aggressioni verbali dei vari personaggi medio-orientali, difficili e recenti pronunciamenti antioccidentali cinesi, affermazioni di dubbio gusto o apertamente violente di ogni dove, insomma parole in libertà che ballano la mazurca, a volte a passo di carica. Allora, cari amici vicini e lontani, stiamo attenti. Non può essere la censura la difesa della democrazia. Anzi la libertà di pensiero e di parola, quella del Primo Emendamento americano, quella tutelata dalla nostra costituzione, deve essere difesa ad ogni costo.

I brividi che mi hanno creato le immagini dell’aggressione al Capitol Hill da parte di una banda di sciagurati, non sono meno scuotenti di quelli sollevati dall’annuncio di un’azione silenziatrice una voce da parte di privati che hanno interpretazioni ed interessi del tutto sganciati dall’etica democratica ed agganciati ad un interesse personale o ad una lobby o a un potere occulto che non rispondono ad alcuna autorità e ad alcuna legge. Un Grande Fratello che si arroga il diritto di censurare e giudicare parole e idee mi fa orrore. Cari amici vicini e lontani, pur sulla barricata delle mie opinioni, difenderò sempre la parola di chi non la pensa come me. Gridiamo insieme un sonoro NO all’elogio della censura.

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