Salvini: se quei calici fossero per la coppia Draghi-Gentiloni

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L'opzione Paolo Gentiloni per il Quirinale potrebbe mettere d'accordo tutti i partiti

di Massimo Lodi

Quirinale: van bene i tavoli, il campo extralarge, l’intesona trasversale fra maggioranza Draghi e minoranza Meloni. Van benissimo Salvini kingmaker, Renzi suo mentore, Letta che benedice. Ma urge individuare rapidi un nome, e finirla con la melina.

Eccoci, a questo nome. Vi ha alluso (1) in una fresca intervista Giuliano Urbani, politologo 84enne, tra i fondatori di Forza Italia, più volte ministro berlusconiano; e ha aleggiato (2) nella cena natalizia di Salvini coi suoi parlamentari. Tra parmigiana alle melanzane, amatriciana, arrosto con puré, tiramisù e calici di cabernet/prosecco, la chiacchiera è stata la seguente. Cicciosa e sobria.

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Massimo Lodi

Draghi rimane a Chigi per completare l’opera sanitaria-economica-sociale avviata all’inizio dell’anno. Nessuno meglio di lui può riuscirvi: arcinote le ragioni. Perciò avanti un altro nella scalata alla più alta carica dello Stato. Da archiviare: Amato, Berlusconi, Casini, Prodi, Violante e una fila d’ottimati non adattabili all’intero o semintero arco costituzionale. Da prendere in serio esame: Gentiloni.

L’uomo ha un “pedigree” utile alla bisogna. Radici post-democristiane, sperimentato mediatore, attuale commissario Ue all’Economia, ex presidente del Consiglio, già ministro dell’esecutivo Renzi, è tenuto in gran conto da Mattarella. Un riformista di sinistra che poteva metter radici anche a destra ne sarebbe l’ideale successore. Obiezione: veste la maglia del Pd e Salvini ha appena dichiarato che il presidente della Repubblica non deve sempre venire da quella scuola.

Eppure a Salvini conviene l’opzione Gentiloni. La mossa libererebbe un posto per Giorgetti nella Commissione Ue; accrediterebbe a Bruxelles la conversione realistico/moderata del Capitano; spianerebbe la strada all’ingresso della Lega nei ranghi del Ppe; risulterebbe una “captatio benevolentiae” all’Europa qualora dalle nostre prossime elezioni uscisse vincente la destra, offrendo al capo leghista la chance di premier.

Una parte di tali motivi suggerisce analoga scelta alla Meloni, che cerca definitivo sdoganamento overnazionale e necessiterà di “feeling” coi franco-tedeschi nel caso in cui toccasse a lei, anziché a Salvini, l’opportunità d’avvicendare Draghi dopo il voto del 2023. Infine: se Salvini e Meloni  giocassero così la partita, verrebbero spalleggiati – oltre che da Letta e Conte (come farebbero a non spalleggiarli?) – dai centristi, primo fra tutti Renzi. Una pattuglia utile a costruire il futuribile governo post-pandemia, specie nell’ipotesi di revisione della legge elettorale tramite sistema proporzionale con sbarramento al 5 per cento.

Obtorto Colle, è infine scontato l’adeguarsi di Berlusconi, costrettovi dalle circostanze. E però -compiuto il nobile gesto del ritiro di sé medesimo dalla corsa – egli potrebbe ottenere la riabilitazione istituzionale cui massimamente tiene: il seggio di senatore a vita. Tra parmigiana di melanzane, amatriciana, arrosto con puré, tiramisù e calici di cabernet/prosecco, nella cena natalizia di Salvini coi suoi parlamentari la chiacchiera s’è allungata sin qui. Cicciosa e sobria.

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